C’è qualcosa di strano se anche in un editoriale de Il Corriere della Sera di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi si improvvisano riflessioni sulle energie rinnovabili a partire da notizie di tale e tanta approssimazione che farebbero arrossire un giornalista alle prime armi. Scrivono i due editorialisti: “Qualche anno fa, per favorire gli investimenti in energie rinnovabili, si decise di sussidiare l’installazione di pannelli solari. Furono concessi incentivi che oggi, a pannelli installati, si traducono in una rendita di circa 11 miliardi di euro l’anno […]. Si è favorita una tecnologia che a distanza di pochi anni è già vecchia. Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori”.
In realtà, la cifra indicata va ridotta di quasi la metà di 10 (fonte: www.gse.it); ma soprattutto quella pittura che stesa sul tetto dovrebbe catturare l’energia solare, in realtà non esiste, non è in vendita da nessuna parte, non si è mai vista in alcune fiera del settore. Si tratta di una tecnologia che probabilmente fa parte delle attività di ricerca in qualche laboratorio. Ma il mercato è un’altra cosa. E il mercato oggi soffre, soprattutto quello italiano. E soffre anche gli esiti di una strana parabola che dopo alcuni anni di esaltante boom l’ha precipitato in un’improvvisa e inaspettata crisi.
Nel breve volgere di 12 mesi il fotovoltaico italiano è passato da una fase di rapida e decisa espansione a un ridimensionamento che sta costringendo tante aziende italiane a un drastico riposizionamento, a cercare nuove fonti di ricavi all’estero (in tanti casi con ottimi risultati) e a mettere nel congelatore i progetti di sviluppo sul breve periodo. La progressione del fotovoltaico negli ultimi cinque anni era stata impetuosa: 338 MW di potenza installata nel 2008, 720 MW nel 2009, 2.320 nel 2010, e poi il decollo verticale nel 2011 quando la potenza era arrivata a 9.450 MW. Infine il crollo: nel 2012 l’asticella si ferma a soli 3.230.
Il motivo? Il recente taglio degli incentivi è solo apparentemente il fattore scatenante. Anzi, un ampio fronte di operatori del settore aveva già espresso la necessità di “raffreddare” un mercato che si era gonfiato eccessivamente agendo proprio su un ridimensionamento delle tariffe incentivanti del Conto Energia. Più che l’entità degli incentivi, a deprimere il mercato è stato un quadro normativo complesso, incerto e costellato di provvedimenti punitivi: valga per tutti il lungo e tortuoso iter burocratico necessario per realizzare impianti con potenza superiore a 20 kWp (questa soglia identifica una dimensione non eccessivamente estesa, corrispondente al tetto di un palazzo o di un piccolo capannone), tra cui l’iscrizione a un macchinoso registro, che richiede una lunga attesa prima di sapere se l’impianto può essere realizzato e può accedere a quel poco che rimane degli incentivi.
Tutti questi fattori hanno di fatto bloccato la diffusione di grandi e medi impianti, mentre non hanno avuto alcun effetto su quelli più piccoli. Se la potenza media degli impianti fotovoltaici installati nel 2011 era di 54 kWp, nel 2012 questo valore è sceso a 23 kWp e negli ultimi 6 mesi si è arrivati a 15 kWp.
Oggi il mercato è fatto quasi esclusivamente di impianti realizzati su abitazioni private o sulle coperture di piccole strutture industriali e commerciali. Ed è proprio questo il futuro del fotovoltaico. Un futuro che potrebbe tornare a splendere già dal prossimo anno. A livello mondiale, infatti, il trend del solare continua a essere positivo. Per il 2013 si stima una crescita compresa tra il 10-20% concentrata soprattutto in Cina e negli Stati Uniti. Si calcola inoltre che la potenza installata triplicherà entro il 2020, dai 97 GW attuali a oltre 300.
In Italia ormai si guarda oltre gli incentivi: il traguardo cui si punta è quello della grid parity, cioè il momento in cui il costo dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici sarà inferiore a quello prodotto da fonti fossili. Un traguardo vicinissimo, che sarebbe già raggiunto se si potessero eliminare quei costi burocratici che oggi hanno raggiunto un valore spropositato sul costo di realizzazione di un impianto. E per accelerare la corsa verso la grid parity, stanno per arrivare sul mercato dei sistemi di accumulo studiati per lavorare in abbinamento agli impianti fotovoltaici: si tratta di batterie nelle quali immagazzinare l’energia prodotta di giorno così da poter essere consumata di sera, o quando il cielo è coperto. In questo modo cadrebbe anche l’antica critica cara agli avversari dell’energia solare: la non prevedibilità della produzione energetica. E così si chiuderebbe il cerchio virtuoso che permette a privati, imprese e Pubblica amministrazione di utilizzare una parte di quell’energia che ogni giorno si riversa (gratis!) sul nostro pianeta, sui nostri tetti e sulle nostre teste.
Nel 2012 dal fotovoltaico è arrivato circa il 7% della produzione nazionale di energia elettrica. È un successo: si tratta di energia pulita e distribuita, in buona parte consumata laddove viene generata. Questo è il futuro del sistema energetico mondiale: la generazione distribuita. L’Italia ha subito uno stop nella corsa verso questo futuro. Ma è pronta a riprendere a correre (grandi monopolisti dell’energia fossile permettendo).