Anche se l’Europa è sempre più proiettata verso la produzione e la distribuzione di gas, l’Italia frena, almeno stando al decreto sulla Strategia energetica nazionale firmato dai ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente Corrado Passera e Corrado Clini. Sarà stato per la crisi, per il conseguente calo dei consumi, fatto sta che il nostro Paese ha preferito una linea soft. Due essenzialmente le linee guida: l’introduzione di un solo nuovo rigassificatore dei tre o quattro in costruzione e l’altolà allo sviluppo degli stoccaggi. Decisioni prese nonostante il nostro futuro energetico sia così legato al metano. Per comprendere meglio la programmazione stabilita dal nostro Paese e analizzare le conseguenze che questa porterà ilsussidiario.net ha intervistato Silvio Bosetti, direttore generale della Fondazione Energy Lab.
Detto in altri termini che significato assume il decreto che porta la firma di Passera e Clini?
È la strategia delineata dal Governo per i prossimi decenni, almeno 20 anni. Il nostro è un Paese che fa un utilizzo molto significativo di gas rispetto ad altri sia per produrre energia elettrica, sia per altri scopi. Il fatto che sia stato dato uno stop da un lato per i terminali di rigassificazione, dall’altro per i sistemi di stoccaggio, parte dalla presa di consapevolezza che probabilmente non ci saranno dei grandi aumenti di consumo del gas naturale. Questa è la prima motivazione. La seconda potrebbe essere il mantenimento dell’aspetto attuale dei gasdotti sul territorio nazionale.
In che senso?
C’è un grande investimento del nostro Paese anche in infrastrutture di trasporto, come ad esempio nel “South Stream”, quest’enorme gasdotto che porterà una grande quantità di gas verso l’Europa e nel quale il nostro Paese, attraverso l’Eni, è uno dei maggiori protagonisti.
La situazione in Italia qual è? Quanti rigassificatori ci sono? E quanto gas consumiamo?
Iniziamo a dire che il nostro Paese consuma ogni anno attorno ai 90 miliardi di metri cubi di gas, una quantità molto significativa, la cui produzione nazionale è inferiore al 12,13% (forse quest’anno verrà raggiunta quota 15%). Tutto il resto proviene da approvvigionamento internazionale attraverso gasdotti dai mari del Nord, dal Nord Africa e dalla Russia. È anche possibile approvvigionare il nostro Paese attraverso il gas liquefatto trasportato dalle navi che oggi possono rifornire attraverso due soli rigassificatori.
Quali?
Uno è di più piccole dimensioni e si trova nella zona del Golfo di La Spezia, Panigaglia. L’altro di dimensioni più ragguardevoli, avviato due anni fa, è a Rovigo. Questi due terminali consentono di approvvigionare circa 10 miliardi di metri cubi sui 90 totali. Questa strategia sembrerebbe ammetterne un ultimo e in questo caso sarebbero altri 8 miliardi di metri cubi attraverso un solo terminale e non sarebbe una cosa da poco.
Questo nuovo rigassificatore dove verrà collocato?
Bisognerà verificarlo, ma un rigassificatore è in fase di realizzazione a Livorno.
Cosa cambierà quindi?
Se viene confermata questa strategia energetica si parla comunque di aumentare la produzione di gas raddoppiando la nostra produzione nazionale incrementando gli utilizzi in Basilicata e nel mare Adriatico. Non è che sostanzialmente cambi molto: anche perché poi dal punto di vista delle autorizzazioni è da anni che si parla della realizzazione di tre o quattro terminali ma alla fine si è riusciti a farne solo uno, quello di Livorno sarà il secondo appunto. Sulla carta, quindi, cambierà ben poco.
Secondo lei l’Italia in campo energetico sta prendendo la direzione giusta?
Intanto attendiamo i dettagli della strategia energetica. Detto questo penso che il vero problema in Italia è questa dipendenza notevole dagli idrocarburi e dall’approvvigionamento del gas che genera costi di produzione notevoli. L’altra scelta fatta è quella riguardante l’energia rinnovabile, in particolare il fotovoltaico che anch’esso richiede costi enormi. Il nostro Paese, nei fatti, non ha ancora scelto di scommettere su fonti di produzione che non solo siano rispettose dell’ambiente, ma che diventino competitive anche dal punto di vista dei prezzi. Le alternative ci sono e si chiamano carbone e idroelettrico.
(Elena Pescucci)