A volte basta aggiungere un aggettivo per trasformare radicalmente una situazione o un oggetto. Pensiamo al termine smart (traducibile più o meno con “intelligente”): posto all’inizio o alla fine di una parola la fa diventare qualcos’altro. In molti casi però non si tratta solo di cambiamenti verbali ma di veri mutamenti di scenario sia tecnologico che economico. È il caso degli elettrodomestici smart, cioè frigorifero, lavatrice/asciugatrice, lavastoviglie, condizionatori, scaldabagno: le soluzioni tecnologiche oggi possibili li rendono in grado di essere flessibili e di consentire utilizzi particolarmente vantaggiosi. Si possono attivare da remoto, ritardare o anticipare le partenze, modulare i consumi in base all’orario e al prezzo dell’energia. È una flessibilità della domanda che può portare vantaggi a tutto il sistema elettrico: per i consumatore può significare minori costi dell’energia (consumare quando l’energia costa meno, riduzione della potenza impegnata, vendere servizi alla rete); per il sistema vuol dire sicurezza della fornitura, minori costi delle infrastrutture, minor impatto ambientale. Finora però, almeno in Italia, si può parlare di questa flessibilità solo per le grandi utenze. Ma la situazione è in evoluzione e non mancano sperimentazioni e iniziative pilota interessanti: come il progetto Isernia, un test su 9500 utenti per l’applicazione del sistema Enel Info+; o il progetto Integris di A2A a Brescia. Delle prospettive e dei problemi – organizzativi, normativi e gestionali – degli elettrodomestici smart, nello scenario delle smart grid, si è discusso nei giorni scorsi a Milano durante un workshop organizzato da EnergyLab. Ne abbiamo parlato col coordinatore dell’incontro, Massimo Gallanti, Direttore del Dipartimento Sviluppo dei Sistemi Elettrici di RSE.



Cosa manca in Italia perché ci sia una domanda veramente flessibile anche per la piccola utenza domestica?

Oggi perché ci sia una domanda flessibile è necessario che l’utente abbia adeguati segnali di prezzo. Esistono già le tariffe biorarie, che però presentano una scarsa differenza tra le diverse fasce: la causa di questa mancanza è che l’energia nelle ore di punta e nelle ore vuote costa più o meno lo stesso. Fintanto che non ci sarà una reale e sensibile differenza di prezzo, sarà difficile convincere l’utente a trasferire parte dei suoi consumi da una fascia temporale a un’altra. In prospettiva è possibile anche che all’utente sia chiesto di variare i propri consumi sulla base di esigenze di sistema, cioè per bisogni particolari della rete, o per bilanciare le produzione di energie alternative come il fotovoltaico: oggi questo tipo di richiesta verso gli utenti non è attiva per la mancanza di una infrastruttura adatta ma in futuro, grazie anche allo sviluppo delle smart grid, l’utente potrà fornire un servizio alla rete e per questo essere remunerato. Attualmente noi utenti possiamo solo spostare i nostri consumi e avere costi diversi con un piccolo vantaggio; in prospettiva potremo rispondere alle richieste del sistema e per questo essere remunerati.



Ma dal punto di vista delle tecnologie, siamo pronti per questi scenari smart?

Per quanto riguarda gli elettrodomestici, i sistemi adeguati ci sono. Si tratta di progredire verso un protocollo standard, in base al quale possono essere interrogati e comandati in modalità remota, da un sistema di controllo che decide, in base all’orario e in base ai segnali che riceve dal distributore, quale elettrodomestico far partire e quale fermare.

Si dovrà rinnovare il parco elettromestici? Dovremo cioè cambiare tutti i nostri elettrodomestici attuali?

No, l’idea è che il parco si rinnovi via via che i singoli apparecchi vanno in obsolescenza e vengono sostituiti con i nuovi già predisposti per utilizzi intelligenti; tenga conto che gli elettrodomestici hanno una durata media di 10-15 anni. Si è anche pensato all’ipotesi di aggiungere dispositivi speciali alle attuali apparecchiature per renderle smart; ma l’operazione potrebbe avere un costo eccessivo e la soluzioni non sarebbero convenienti.



 

Qual è il prevedibile impatto di elettrodomestici smart sul risparmio energetico?

Bisogna distinguere tra efficienza energetica e gestione della domanda. La prima significa conseguire lo stesso risultato con minor energia, qualunque sia l’ora di funzionamento dell’elettrodomestico. Gestione della domanda invece vuol dire in pratica spostare l’utilizzo delle apparecchiature da un’ora all’altra, quindi con un vantaggio non tanto in termini di energia consumata ma dell’impatto che il mio consumo ha sul sistema. Per attuare l’efficienza energetica, quella della etichettatura degli elettrodomestici è la strada maestra; la gestione della domanda significa poter dire “quel lavaggio con la lavatrice lo faccio quando l’energia mi costa meno”, ma la quantità di energia consumata per un dato lavaggio, a parità di macchina, resta la medesima.

 

Per gli utenti, la prospettiva di una casa intelligente, con tutti gli elettrodomestici smart, porterà vantaggi anche in termini di qualità della vita domestica o sarà solo un’incombenza in più, una lista di attenzioni supplementari da avere?

È evidente che la modalità attuale di gestione dell’utenza energetica, rappresentata di fatto dalla apertura e chiusura di interruttori, è la più semplice e flessibile. Quando invece vanno a porre limiti e si chiede all’utente di preoccuparsi di quando e come utilizzare un elettrodomestico, allora è chiaro che si bloccano delle azioni spontanee e si rallenta la flessibilità. Certo le nuove tecnologie, i sistemi automatizzati di gestione domestica (home automation) possono un po’ abbassare le barriere, tendendo ad azzerarle; però indubbiamente la soluzione ottimale per l’utente sarebbe di poter fare quello che vuole, quando vuole, allo stesso costo.

 

Perché ci allontaniamo da questo modello?

Perché è il più costoso: mediare i costi su quello che è il comportamento non informato e non efficiente non mi sembra corretto, anche perché si traduce nel riversare gli apparenti vantaggi degli uni negli svantaggi di altri. Mi sembra più corretto invece premiare coloro che si adeguano a utilizzare gli elettrodomestici quando questi costano meno.

 

Si parla a volta di questa nuova figura del prosumer, che è al tempo stesso produttore e consumatore: in Italia questo è ancora un esercizio accademico e giornalistico o ci sono segnali che è qualcosa di reale?

Il prosumer esiste già. Pensiamo a chi è dotato di un pannello fotovoltaico e può immettere in rete l’energia supplementare prodotta; un simile soggetto oggi ha interesse a consumare l’energia che produce, cioè a gestire la sua utenza in modo tale da avere in casa produzione e consumo, con un evidente vantaggio economico.