Quando il 9 aprile 2013 un terremoto di magnitudo 6,3 ha colpito l’Iran con un epicentro a circa 90 chilometri dalla centrale nucleare di Bushehr, la terrà ha tremato anche sull’altra sponda del Golfo Arabico, generando non poca preoccupazione. Così Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi hanno chiesto, durante una riunione straordinaria del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) a Riad, l’invio degli ispettori Onu per verificare le condizioni dell’impianto. L’allarme è stato lanciato non tanto per i pericoli che possono scaturire dall’esistenza di un reattore, quanto alla sicurezza dello stesso. “L’Agenzia Internazionale per l’energia atomica deve mandare una squadra tecnica specializzata per ispezionare l’impianto nucleare e svolgere indagini sui potenziali danni“, ha dichiarato Abdullatif Al Zayani, segretario generale del Ccg. Considerato il fatto che l’Iran si trova proprio nel punto di congiuntura di tre placche tettoniche e che dieci anni fa il terremoto che colpì il paese causò oltre 25mila morti non fa stare tranquilli gli stati vicini, che comunque non stanno a guardare, ma stanno investendo nel nucleare. Il primo progetto del programma civile da 20 miliardi di dollari degli Emirati Arabi Uniti è il reattore di Barakah, operativo dal 2017. Entro il 2020 ne saranno operativi quattro. Per analizzare la situazione ilsussidiario.net ha intervistato Marco Ricotti, docente di Impianti nucleari al Politecnico di Milano.



Cosa pensa della richiesta da parte del Consiglio di Cooperazione del Golfo di un controllo sulle condizioni della centrale nucleare in Iran?

Credo che la richiesta sia quanto mai opportuna, non solo a seguito del sisma che si è verificato in Iran ma anche a seguito degli eventi di Fukushima. Quasi tutti i reattori nel mondo, in primis quelli europei ma anche quelli americani e giapponesi (sull’esperienza degli stress test europei) sono stati e sono ancora sotto verifica. A maggior ragione a seguito di un evento contingente come è stato il sisma di recente avvenuto in Iran mi sembra giusto che i paesi vicini chiedano lumi e che si verifichi la sicurezza di quei reattori. È anche vero che dietro a questa richiesta immagino si nascondono anche problemi di natura politico-strategica, non solo un semplice interesse di capire quale sia il livello di sicurezza dei reattori iraniani.



In che senso?

C’è da tenere presente che gli Emirati Arabi due anni fa hanno deciso di costruire 4 reattori nucleari e gli altri paesi limitrofi sono anch’essi interessati alla partita.

Prima ha parlato di stress test. Come funzionano?

Sono delle analisi delle verifiche circa la capacità e l’adeguatezza dei reattori attualmente operanti di resistere a scenari tipo quello di Fukushima, eventi sismici di grado elevato, inondazioni e anche la capacità di rispondere avendo un deficit di energia elettrica: mancando cioè l’energia elettrica o la capacità di raffreddamento del reattore.



Finora quali risultati ci sono stati?

A seguito di queste valutazioni l’aspetto positivo è che nessun reattore americano o europeo è risultato essere inadeguato. Nessun reattore è stato spento a seguito di questo stress test, però sono stati verificati anche gli aspetti più critici che necessitano di ulteriori attenzioni e allora le autorità di controllo stanno facendo la lista delle azioni di miglioramento dei reattori in modo tale che si possa elevare ulteriormente il livello di sicurezza dei reattori europei.

Possiamo stimare l’ammontare dell’investimento?

Nei prossimi anni l’investimento sarà alto: la stima è che per ogni reattore debbano essere investiti da un minimo di 50 a un massimo di 500 milioni per il miglioramento della sicurezza. Considerando che sono 140 reattori i miliardi sarebbero parecchi.

 

Ci sono zone a rischio?

Dagli ultimi stress test sembra proprio che non ci siano situazioni così critiche da richiedere la fermata immediata dei reattori. È anche vero che non è ragionevole pensare a sismi del livello di Fukushima perché in Europa storicamente non si sono mai realizzati eventi sismici di quella gravità, vuol dire oltre il 9° grado della Scala Richter.

 

Cosa succede se in una zona dove c’è una centrale nucleare avviene un sisma? Quali sono i pericoli?

Innanzitutto la prima cosa che accade è l’arresto rapido del reattore. È quanto è successo anche a Fukushima: il problema non è stato dato dal sistema di arresto rapido (anche i reattori avevano resistito bene nonostante il terremoto fosse di un’intensità superiore al sisma che era stato pensato durante la fase di progettazione) ma dallo tsunami.

 

E se la centrale non è sicura?

Nel caso non ci siano i margini di sicurezza adeguati quello che può accadere non è tanto l’arresto rapido del reattore, perché normalmente avviene senza particolari problemi (è un sistema collaudato) il problema è dopo, sul raffreddamento e quindi dal punto di vista puramente ipotetico se un impianto nucleare non ha margini adeguati sugli aspetti antisismici potrebbe avere danneggiamenti sul circuito primario o su alcuni componenti legati alla sicurezza e allora si potrebbero addirittura ipotizzare anche eventi incidentali severi come quelli accaduti a Chernobyl. Tuttavia si tratta di discussioni che vanno fatte con un’ipotesi chiara. Mi sento comunque di dare delle rassicurazioni: perché quando oggi si costruiscono reattori nucleari ci sono margini di sicurezza molto ampi.

 

(Elena Pescucci)

Leggi anche

NUCLEARE/ La proposta di legge d'iniziativa popolare che piace ai più giovaniSCENARIO ENERGIA/ Le eco-illusioni da abbandonare in Italia e UeNUCLEARE/ L’annuncio di Urso che sfrutta lo strappo dell'Ue