In fondo sarebbe bastato solo informarsi meglio. Così Danilo Taino su Il Corriere della Sera di mercoledì avrebbe evitato di disegnare uno scenario totalmente fuorviante di quale sia la situazione dell’energia solare oggi in Italia. Già il titolo spiega quale sia la tesi che il giornalista intende dimostrare: “Dal fallimento del solare al clima che cambia”. E nelle prime righe il giornalista rafforza la sua opinione scrivendo che “la politica di sostegno all’energia solare in Italia è stata un flop”. È vero esattamente il contrario: il fotovoltaico è cresciuto tanto da arrivare a coprire in pochi anni il 7% della produzione nazionale di energia elettrica.



Certo, il solare ha ricevuto incentivi pubblici, ma solo per alcuni anni; più del 90% dei volumi complessivi di questi incentivi è stato concentrato in tre anni: dal 2010 al 2012. Quanto è stato erogato prima del 2010, ha un valore molto contenuto. Briciole. La ratio di questi incentivi è sempre stata chiara: sostenere una tecnologia che stava muovendo i suoi primi passi perché potesse rafforzarsi, raggiungere livelli di competitività con altre tecnologie e camminare con le proprie gambe.



Risultato raggiunto: in pratica si può dire che con tre anni di sostegni, una nuova tecnologia è stata messa in grado di non averne più bisogno. Oggi gli incentivi infatti si sono praticamente conclusi e il settore è pronto per farne a meno. È quasi un miracolo se si pensa che altri settori (come l’auto, ma anche la stampa) vive di benefici e altri incentivi ricorrenti pur avendo raggiunto da tempo la maturità. Risulta strano (o sospetto) che certi presunti esperti di energia si dimentichino sempre di ricordare da quanti anni (meglio sarebbe dire decenni) enormi flussi di incentivi si dirigano verso inceneritori, raffinerie e petrolieri che certamente godono del rispetto della grande stampa nazionale molto più dei parvenu del fotovoltaico.



Il secondo grave errore del giornalista de Il Corriere della Sera sta nel fatto di considerare solo i costi degli incentivi al fotovoltaico e non i benefici economici che sono stati generati. Se infatti i costi cumulati annui hanno raggiunto la cifra di 6,5 miliardi, è altrettanto significativo che un istituto indipendente abbia calcolato che dal 2008 al 2030 fotovoltaico e altre rinnovabili genereranno un risparmio per il sistema Paese di 49 miliardi di euro.

I primi segni di questo risultato si stanno già verificando, a partire da un effetto calmiere sul prezzo del kWh dato che la produzione di energia solare raggiunge il suo picco proprio nel momento in cui la domanda di energia elettrica è maggiore, contribuendo così a ridurne il prezzo. Altri risparmi stanno arrivando dalla riduzione dell’acquisto di combustibili fossili. E queste non sono briciole.

Prosegue l’articolo del CorSera: “A fine 2012, nella Penisola erano istallati 16 gigawatt solari: più di quelli negli Stati Uniti e in Cina sommati”. Vero. L’autore si dimentica di aggiungere che l’Italia è stata sinora in seconda posizione, dietro la Germania. Il Governo tedesco, tra l’altro, sta continuando a sostenere economicamente l’energia solare con incentivi, recentemente deliberati, che dovrebbero favorire la diffusione di sistemi di storage per “stoccare” l’energia accumulata durante le ore di luce e consumarla la sera. Forse che essere secondi dietro la Germania è cosa di cui vergognarsi?

Stia tranquillo l’autore dell’articolo: è un primato che stiamo perdendo. Si prevede che nel 2013 l’Italia verrà superata da Cina, Usa e Giappone. Paesi che stanno puntando con decisione sull’energia solare, come stanno facendo del resto tante nazioni in Sud America, Africa e Medio Oriente. Anche in Arabia Saudita i maggiori produttori di petrolio stanno intensificando gli investimenti in energia solare. Complessivamente si prevede che la potenza fotovoltaica installata raddoppierà nei prossimi due anni arrivando a 200 GW nel 2015. L’andamento globale del settore è quindi la prima conferma che si tratta di una tecnologia in ascesa e straordinariamente orientata al futuro.

Oggi in Italia è finita l’era dei mega impianti fotovoltaici a terra, molti dei quali sono serviti (su questo l’autore ha ragione) ad attirare speculatori interessati solo a incamerare tariffe incentivanti tanto generose da arrivare a tassi di ritorno degli investimenti in alcuni casi superiore al 20%. Del resto, non se ne può attribuire la colpa al settore del solare. Nel 2010, mentre il 2° Conto Energia si stava concludendo, l’allora governo di centrodestra aveva approvato una proroga, contenuta nel famoso decreto “Salva Alcoa”, che aveva di fatto favorito la creazione di quella bolla speculativa durata pochi mesi, ma sufficiente per gonfiare eccessivamente i costi degli incentivi.

Ma questa è storia passata. Così, che senso ha calcolare – come fa Danilo Taino nel suo articolo su Il Corriere della Sera – che con gli incentivi al fotovoltaico si sarebbero potuti costruire 100 chilometri di metropolitane? Pochi giorni fa il Governo Letta ha deciso di investire sul rilancio dell’edilizia e di altri settori (tra cui quello del legno) destinandovi enormi risorse economiche sotto forma di detrazioni fiscali prorogate o addirittura incrementate. Che senso avrebbe avuto misurare la bontà di queste misure solo calcolando quanti chilometri di metropolitane si sarebbero potute costruire con quelle risorse?

Oggi il fotovoltaico è riconosciuto come uno dei sistemi più virtuosi di produzione di energia elettrica. Lo straordinario modello di generazione distribuita – per il quale l’energia viene prodotta in gran parte nello stesso luogo in cui viene consumata – sta creando una rete finalmente efficiente e capace di distribuire in modo democratico e “sussidiario” i benefici dell’autoproduzione di energia elettrica.

Più difficile da calcolare, ma sicuramente di “peso”, i vantaggi legati alla riduzione della dipendenza dai paesi fornitori. Senza calcolare che quella solare è energia pulita: cioè priva di quelle emissioni di gas serra le cui conseguenze comportano pesantissimi oneri economici e sociali. Non merita troppe parole l’accenno dell’approssimativo traino alle infiltrazioni della criminalità nel business delle rinnovabili. La criminalità si infiltra da sempre dove c’è business: edilizia, sanità, rifiuti… E allora?

Il Corriere della Sera non è nuovo a questi attacchi alle energie rinnovabili e a un modello di produzione di energia elettrica che riduce la dipendenza da paesi esteri e dai pochi grandi operatori energetici nazionali, preferendo evidentemente quella situazione di oligopolio che porta con sé inefficienza, diseconomie e arretratezza tecnologica.

Bocciare una tecnologia che, pur essendo ancora giovane, ha già ottenuto straordinari risultati in termini di diffusione e di benefici generati, rivela un attaccamento a vecchi e consolidati modelli di business e ovviamente alle posizioni di rendita dei soliti potentati che ne beneficiano.

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