Uno studio pubblicato su Lancet individua un nesso tra esposizione alle polveri inquinanti e tumori al polmone. Con Bruno Villavecchia dell’Agenzia per la Mobilità e l’Ambiente di Milano abbiamo parlato delle iniziative avviate dal Comune per contrastare gli effetti dell’inquinamento sulla salute dei cittadini.
Questo nesso non era già noto?
E’ la componente mancante perchè finora avevamo degli studi che si limitavano a stabilire una correlazione statistica tra l’aumento o la diminuzione delle concentrazioni degli inquinanti e il tasso mortalità e i ricoveri ospedalieri riconducibili ad alcune malattie cardiocircolatorie.
Oggi invece?
Grazie a questa ricerca possiamo affermare che esiste una correlazione causale tra le malattie oncologiche e il livello di esposizione all’inquinamento urbano. E’ un passo avanti importante, soprattutto oggi che abbiamo a disposizione nuovi approcci metodologici per valutare oggettivamente gli effetti dell’inquinamento sulla salute umana.
Di cosa si tratta?
Parlo del Black carbon, un nuovo fattore emissivo già entrato in un percorso di validazione a livello europeo, e verrà normato dalla prossima direttiva UE che affronta il tema dell’inquinamento atmosferico.
A cosa serve?
E’ un cosiddetto inquinante di prossimità, grazie al quale è possibile stimare il grado di tossicità del PM10, che a parità di concentrazioni per metro cubo d’aria. Il grado di tossicità varia a seconda delle condizioni in cui il particolato si produce, l’incidenza delle fonti antropiche che lo generano, e quindi l’incidenza delle misure adottate a livello cittadino per migliorare la qualità dell’aria, soprattutto le misure di regolamentazione del traffico.
In che modo?
Il BC rappresenta la componente carboniosa contenuta nelle polveri fini, che costituisce un coagulo molto vasto e mutevole di elementi presenti nell’aria che inaliamo. I composti del carbonio presenti all’interno di una molecola di pm 10 definiscono il reale fattore di rischio per la salute umana, che può variare molto da una situazione all’altra, anche all’interno di perimetri areali limitati, magari caratterizzati da livelli di concentrazione del PM10 analoghi.
Può fare un esempio?
In una città come Milano, le polveri fini sono fortemente caratterizzato dalla presenza di BC, quindi della componente più tossica per la salute umana, materiale particellare caratterizzato da un forte impatto sul paradigma individuato dagli autori della ricerca pubblicata su Lancet.
In altre città le polveri cambiano conformazione?
Realtà urbane caratterizzate da un analogo livello di concentrazioni di PM10 possono rappresentare livelli di rischio alla popolazione esposta completamente diversi, queste diversità possono presentarsi anche tra diversi assi viari della stessa città, caratterizzati da condizioni di traffico diverse. La conferma di questo viene anche dalla esperienza fatta a Milano con Area C.
Di che esperienza parla?
Per un anno a Milano abbiamo misurato le concentrazioni di BC in diverse condizioni di traffico, all’interno e all’esterno di Area C. Abbiamo misurato strumentalmente la presenza di BC, valutando livello di esposizione di prossimità della popolazione alla componente più tossica del PM10, in diverse condizioni di traffico.
Risultato?
Il BC cala in media del 30-40% all’interno di Area C, rispetto alle aree immediatamente confinanti, determinando un livello di esposizione molto inferiore per chi vive, si muove e opera, all’interno del perimetro favorito da condizioni di limitazione del traffico rispetto al normale.
Quindi?
Quindi la riduzione del traffico fa calare in modo significativo la componente del BC nel PM10. Se si misura solo il livello del particolato, sia dentro che fuori Area C, non si notano differenze significative, quindi si sarebbe portati a pensare che la misura sia inefficace in termini di miglioramento della qualità dell’aria. I risultati della ricerca condotta dal Comune di Milano, con una sperimentazione molto articolata, durante più di un’anno, dice proprio il contrario. Gli interventi di limitazione del traffico adottate localmente sono utili a ridurre il rischio reale della popolazione esposta all’inquinamento, che con la ricerca apparsa su Lancet è stata definitivamente dimostrata.
Sull’altro versante, quello dell’inquinamento delle caldaie da riscaldamento cosa si sta facendo?
Il piano del teleriscaldamento, che è una pietra miliare della strategia energetica del Comune di Milano, ha conosciuto nell’ultimo periodo un impulso significativo. Tra l’altro, il teleriscaldamento è indicato dall’ultima direttiva europea come il sistema di riferimento per il prossimo futuro, uno dei cardini per il raggiungimento degli obiettivi del cosiddetto 20 – 20 – 20 entro il 2020.
Praticamente una strada obbligata
Sì, non solo per l’Italia. Il TLR consente di raggiungere importanti risultati in termini di efficacia, efficienza nella riduzione degli inquinanti locali, come le polveri fini, e degli inquinanti globali, che incidono sui cambiamenti climatici, e inoltre consente di affrontare fattivamente gli impegni per l’efficientamento energetico. Senza dimenticare che il terzo “20” del 20 – 20 – 20, pone il tema delle energie rinnovabili, e il TLR va anche in quella direzione, nel caso di sistema integrato e di utilizzo di una fonte energetica “assimilata”, come sono i rifiuti. Pertanto deve essere portato avanti con grande decisione.
Cosa si sta facendo?
Il TLR impone una serie di azioni strutturali e investimenti che devono essere programmati in modo oculato e partecipato, su una scala adeguata e con una prospettiva di trasformazione dell’intero sistema esegetico urbano, di medio – lungo periodo. Si deve considerare che, rispetto ad altri sistemi energetici, di tipo tradizionale, il TLR è di per sé irreversibile.
Cosa intende?
Intendo dire che una volta iniziata la trasformazione del sistema energetico che caratterizza un sistema urbano, verso un visione fortemente integrata, come il TLR, con una centralizzazione delle fonti, una rimozione dei sistemi di generazione diffusi e atomizzati, non si può più fare marcia indietro. Si pensi soltanto a ciò che comporta un programma di estendimento diffuso di una rete di TLR, che distribuisce acqua calda in assenza di caldaie locali, utilizzando fonti centralizzate che fanno uso di energia pulita e rinnovabile, con un controllo totale dell’inquinamento prodotto e un altissimo standard di sicurezza. Le componenti in gioco sono tante, specialmente operando attraverso un “player” come A2A, che è in parte pubblico, che ha un ruolo strategico nei programmi si sviluppo del sistema e delle reti.
Come procede lo sviluppo della rete?
Per quanto riguarda il patrimonio pubblico, gli stabili istituzionali di proprietà del Comune di Milano e l’edilizia residenziale pubblica, c’è una forte accelerazione. Basti pensare allo sviluppo che ha portato ad allacciare il Palazzo di Giustizia alla rete TLR e ai progetti di trasformazione che interessano edifici emblematici, come il palazzo dei vigili in via Beccaria e il palazzo dell’anagrafe. Anche l’edilizia residenziale di proprietà pubblica è interessata a un programma molto spinto, volto ad accelerare il processo di trasformazione e gli allacciamenti conseguenti, all’interno di un progetto complessivo di efficentamento energetico.
I privati?
L’obiettivo è di raggiungere almeno 750mila abitanti equivalenti entro il 2015.
Quali saranno i benefici?
Entro il 2020 si otterrebbe un abbattimento del 20 percento delle emissioni di CO2 rispetto ai valori consolidati del 2005. Questi fa parte degli obiettivi del Piano energetico del Comune di Milano, un corso di elaborazione, che riprende il contenuto degli impegno presi a livello europeo.
Parliamo di investimenti
Soltanto la chiusura dell’anello principale intorno a Milano, che dovrebbe fare da catalizzatore del fluido termovettore destinati a rifornire in penetrazione tutta la rete di TLR, è un investimento destinato a cambiare il volto della città. Una infrastruttura essenziale, che rappresenta un intervento capital intensive, come dicono come direbbero gli economisti, con un ritorno nel medio-lungo periodo.
Occorre continuità anche fra le diverse amministrazioni che si succedono al governo della città
Sicuramente. Un investimento di questo genere deve essere visto come una infrastruttura di primaria importanza, la cui realizzazione non può essere demandata a un solo attore, ma deve costituite un legato in grado di estendersi e tramandarsi, da un’amministrazione all’altra, a diversi livelli, perché l’obiettivo è posti su orizzonte di vent’anni, e si gioca su una scala superiore ai confini di un solo comunale, e non può essere messo in discussione per questioni contingenti.
In più?
Milano è particolarmente adatta a un sistema di TLR.
Perché?
Per la sua conformazione urbanistica. I grandi quartieri, che hanno segnato lo sviluppo urbano degli ultimi 50 anni, sono fortemente integrati, e funzionano sulla base di sistemi centralizzati. Questo è un elemento importante per quanto riguarda i costi di un sistema a rete. In prospettiva, l’operazione del TLR per Milano propone un bilancio costi-benefici ottimale, di grandissima rilevanza e con ricadute positive sia dal punto di vista energetico sia dal punto di vista ambientale. Una risposta alle sfide poste dalla necessità di ridurre gli inquinanti locali, come le polveri fini che rappresentano un rischio per la salute umana, sia per la lotta ai cambiamenti climatici globali.