Il ministro del Commercio e dell’Industria giapponese chiederà un finanziamento statale da 127 milioni di dollari per la dismissione della centrale nucleare di Fukushima danneggiata dallo tsunami del 2011. La somma necessaria è stata aumentata del 44% rispetto alle stime iniziali, e prima di fermare del tutto i reattori dell’impianto Dai-Ichi saranno necessari 40 anni. La notizia giunge a pochi giorni dall’incidente verificatosi nell’impianto, dove 300 tonnellate di acqua utilizzata per il raffreddamento del reattore è finita nel terreno circostante la centrale. Ilsussidiario.net ha intervistato l’ingegner Giuseppe Bolla, esperto nucleare, ex capo centrale di Caorso nonché l’uomo che ha diretto la dismissione di tutti gli impianti presenti in Italia.



Ingegner Bolla, il nuovo incidente di Fukushima è stato classificato come un evento di gravità 3. Quanto è realmente pericoloso?

C’è una classifica dell’ente regolatore internazionale che va da 1 a 7, in funzione del tipo di pericolosità di questi eventi. I più bassi sono anomalie prive di conseguenze, e poi si aumenta di gravità. Il livello 3 è ancora molto distante dalla gravità massima.



Che cosa è accaduto realmente a Fukushima?

Lo tsunami del marzo 2011 aveva danneggiato il circuito di raffreddamento del reattore. Si è quindi deciso di costruire un nuovo circuito esterno alla centrale, che alimenta il recipiente del reattore. L’acqua in entrata è pulita mentre quella in uscita contiene diversi isotopi radioattivi. Dopo essere stato utilizzato per raffreddare il reattore, il liquido è depurato nuovamente attraverso due stazioni di filtraggio che separano i vari radioisotopi per poi essere messo nuovamente nel reattore.

Come funziona il sistema di raffreddamento della centrale giapponese?



Il circuito esterno utilizzato per raffreddare i reattori è composto da diverse centinaia di serbatoi. Quelli costruiti subito dopo lo tsunami del 2011 sono imbullonati e completati da alcune guarnizioni. Quelli più nuovi sono invece saldati e quindi completamente impermeabili. Uno dei serbatoi più vecchi ha avuto una perdita, che è finita in un sistema di raccolta composto da un bacino chiuso realizzato appositamente per raccogliere eventuali perdite d’acqua.

Quindi l’acqua non è finita in mare?

No. Il bacino di raccolta però ha delle valvole di drenaggio, che sono aperte di tanto in tanto per drenare l’acqua piovana. Per errore una valvola di drenaggio era stata lasciata aperta. Quando il serbatoio non ha tenuto, l’acqua invece di rimanere nel sistema di raccolta è finita nel terreno. Le autorità hanno deciso di chiudere l’area e di decontaminare la parte di terreno intorno alla vasca di raccolta per eliminare gli isotopi radioattivi fuoriusciti. L’operazione è terminata giovedì e a qualche decina di centimetri sotto il terreno non è stata trovata alcuna traccia di contaminazione. Il fenomeno era molto circoscritto, ed è stato sufficiente asportare la parte di terreno sulla quale era caduta l’acqua.

 

C’è il rischio che il sistema di raffreddamento esterno in futuro provochi degli altri incidenti?

Il sistema è stato realizzato rispettando tutte le regole di sicurezza. A condizione che sia controllato in modo adeguato, ci sono tutte le garanzie perché non provochi problemi. Ritengo che gli ingegneri giapponesi stiano seguendo tutti i protocolli. La situazione di partenza, in seguito all’incidente del 2011, era molto precaria e alla luce di quanto è avvenuto si può dire che la Tepco abbia fatto miracoli.

 

Che cosa accadrà ora?

Dopo l’episodio di questi giorni, si innalzerà la soglia di attenzione nei confronti della gestione della centrale nucleare. In seguito allo tsunami, bonificare Fukushima richiederà anni e non escludo che qualche piccolo incidente possa ancora verificarsi. L’importante è che rimanga un problema circoscritto e che non vada a impattare sull’ambiente esterno. Qualsiasi situazione che rimane all’interno della centrale è dunque gestibile.

 

(Pietro Vernizzi)

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