Il tema del caro energia (elettricità, gas e carburante) permane e contribuisce ad aumentare le difficoltà per famiglie e imprese. Anche questo governo (a cominciare dal Ministro preposto, Flavio Zanonato) annuncia così l’impegno per ridurre i prezzi dell’energia. Annunciare non è poi così difficile. Sorgono a questo proposito alcune domande: siamo veramente tra quelli che in Europa pagano di più l’energia? Quali ne sono le ragioni? Chi e come può intervenire? Sono enunciazioni velleitarie quelle del ministro o è una strada percorribile? Cosa paghiamo realmente? Quali sono gli attori che governano questo settore?



Innanzitutto, occorre ricordare un fattore strutturale che rende il nostro Paese più fragile e meno competitivo: dipendiamo dall’estero per l’87% del nostro fabbisogno energetico. La media dei 27 paesi Ue è del 55 % (il Regno Unito è quello che sta meglio con un fabbisogno di import pari solo al 22%, la cugina Francia è al 51%, mentre la locomotiva tedesca al 62%). Siamo i meno autonomi del vecchio continente! In particolare, siamo l’unico tra i grandi paesi a importare elettricità dall’estero (nucleare e idroelettrico da Francia e Svizzera).



Tutto ciò, oltre a essere di per sé spiacevole, è maggiormente risibile se si considera il fatto che la nostra capacità produttiva installata ha una potenza superiore al doppio della massima punta di consumo, mentre invece negli altri paesi il rapporto tra centrali installate e fabbisogno non va oltre 1,5. Ciò vuol dire che, qui da noi, per ogni centrale in funzione, ce ne è almeno una di pari dimensione che è ferma (e qualcuno ne paga gli ammortamenti).

Un’altra anomalia italiana degna di nota è quella del famoso “mix energetico”: petrolio e gas naturale rappresentano l’80% delle fonti utilizzate. Francia, Germania, Inghilterra, Spagna sono ben al di sotto di questa cifra, vuoi per il carbone o per il nucleare. È anomalia internazionale anche quella di essere diventati i campioni assoluti del “fotovoltaico” (con oltre 16.000 MWe installati), tecnologia che porta qualche beneficio, ma anche molti oneri. Qualche limite strutturale lo porta anche la rete elettrica di trasporto con le “strettoie” e le insufficienze nel sud del Paese (che in Sicilia fanno costare l’elettricità il 20% in più che al nord) o la rigidità dei grandi gasdotti internazionali e l’assenza dei terminali per il trasporto via nave.



Si potrebbe, purtroppo, proseguire. Tutto ciò comporta oneri al sistema dell’elettricità e del gas naturale che si riversano sui consumatori, con scarse prospettive di contenimento.

Eppure, negli ultimi venti anni, il sistema energetico non è stato per nulla fermo: sono state introdotte misure fortemente mirate a favorire un mercato più competitivo. Cito due ambiti, tra i tanti, in cui il nostro Paese è assoluta eccellenza. Da una lato, sul fronte tecnico, siamo dotati del parco produttivo con gli impianti a gas più efficienti al mondo. I “cicli combinati” delle centrali italiane raggiungono valori di rendimento tra i più elevati. Il secondo argomento virtuoso da registrare è la rapidità e l’ampiezza con cui è stato attivato il mercato libero per il gas e l’elettricità. Ciascuno può confrontare i prezzi e liberamente scegliere il suo fornitore. Altra chicca tecnologica è la presenza presso tutti gli utenti (tra gli unici al mondo) del contatore elettronico intelligente, che consente non solo le misure istantanee, ma anche operazioni in remoto ad altissimo valore aggiunto.

Tante inoltre le misure promosse dalla nostra attivissima e seria Autorità di controllo (Aeeg): tra queste, ad esempio, la proposta di ripartire le tariffe su fasce orarie. Ma gli esiti sono sempre minimi: una famiglia con il contatore da 3 kW e con un consumo di circa 3.000 kWh all’anno, sulla bolletta di circa 500 euro l’anno, qualora spostasse i propri consumi nelle fasce non di punta, risparmierebbe solo 10 euro!

In tutto ciò non ho ancora citato il vero spettro che si aggira nel grande mondo dell’energia: il prezzo de barile del petrolio, ben difficilmente governabile o dimensionabile. Quindi? Ci dobbiamo rassegnare ai prezzi più alti d’Europa?

L’Autorità dell’Energia ha recentemente riassunto e commentato le misure che possono essere immaginate: la riduzione degli incentivi per le rinnovabili, il contenimento degli oneri di smantellamento delle centrali, dare maggiore spazio alle aziende per i servizi energetici, dare il via all’implementazione della Strategia energetica nazionale, favorire a livello cittadino e industriale la promozione della generazione distribuita, rendere più accessibile la fatturazione in base ai consumi presunti, incrementare e monitorare i meccanismi di tutela dei consumatori, ridurre lo sbilanciamento della produzione a favore delle rinnovabili, immaginare una differente regolazione dell’attività di trasmissione, intervenire con la riduzione costi delle sovvenzioni al CIP 6 (che risalgono a oltre vent’anni fa).

Sono tutte azioni interessanti e percorribili (con un po’ di buona volontà) e quindi qualche azione mitigatrice dei prezzi la si può introdurre. Non attendiamoci comunque risultati straordinari. Le anomalie più insormontabili del Paese sono ancora quelle del “No” al carbone, al nucleare, ai pozzi per il gas o per il petrolio nell’Adriatico e in Basilicata, alle pale eoliche, alle dighe idroelettriche, ai tralicci degli elettrodotti, ai terminali a mare per le metaniere, ai termovalorizzatori per i rifiuti. 

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