Un emendamento alla legge di stabilità, se confermato, garantirebbe 500 milioni di euro di sostegno alle centrali a gas e a carbone (non dovrebbero, per questa volta, esserci costi aggiuntivi per i cittadini ma una diversa calibrazione della politica degli incentivi). L’alternativa, è che esse chiudano, lasciando gli italiani al buio. Quelli che, per lo meno, non si avvalgono dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Che, in ogni caso, non sempre sono disponibili. Non lo sono, infatti – ovviamente – il sole e il vento. È stato proprio il boom del fotovoltaico e dell’eolico a determinare la crisi delle centrali elettriche tradizionali. Durante la giornata, le rinnovabili arrivano a coprire anche il 50% del fabbisogno energetico, ma, col calar del sole, la quota scende sotto il 10%. A quel punto, le centrali tradizionali riprendono a lavorare a pieno regime. Nel corso della giornata, tuttavia, non sono state ferme. Hanno continuato a funzionare, anche se al minimo, dal momento che non si possono spegnere e riaccendere con un semplice interruttore. Il che ha dei costi enormi, al punto che molte centrali sono state costrette a chiudere, e molte altre sono in procinto di farlo. Abbiamo chiesto ragguagli in merito a Michele Polo, direttore dell’Istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente dell’Università Bocconi di Milano.
Come siamo giunti a questa situazione?
Negli ultimi 4 anni lo sviluppo della capacità di produzione delle energie rinnovabili è stato piuttosto elevato. In Italia, come in gran parte d’Europa. Il fatto che queste fonti abbiano un costo marginale di produzione nullo fa sì che possano entrare per prime nel cosiddetto ordine di merito, cioè che siano immesse per prime nella produzione. Questo spiazza le centrali elettriche che usano combustibili più costosi come il gas e hanno costi di produzione più alti. L’effetto è che l’utilizzo delle centrali tradizionali è stato dimezzato, con il crollo dei ricavi e, in certi casi, la chiusura.
Nel frattempo, i costi delle rinnovabili sono stati messi in carico ai cittadini…
Le energie rinnovabili si sono sviluppate con un regime di incentivazione che ha determinato un prezzo fortemente remunerativo e non di mercato. Tale costo, alla fine, viene sopportato in bolletta dagli utilizzatori, domestici o industriali. Il legislatore ha preferito metterlo in carico agli utenti e non alla fiscalità generale.
A quanto ammonta questo costo?
Verosimilmente, a 12 miliardi di euro.
Sono parecchi.
L’operazione ha sorpreso le stesse autorità pubbliche che l’hanno messa in campo. Si è trattato, oggettivamente, di una policy mal pensata e scoordinata, che ha generato costi molto più alti di quelli che sarebbe stato ragionevole avere. L’accelerazione così forte nello sviluppo degli investimenti rinnovabili ha, inoltre, quasi saturato gli obiettivi che sarebbe stato sensato porci, disponendo tuttavia di tecnologie che sono di 3-4 anni fa. Tutti i benefici che avremmo potuto avere da un investimento più graduale, in cui via via fossero stati installati pannelli sempre più efficienti, ce li siamo giocati. Perché i pannelli sono già stati prodotti e installati.
Da cosa è dipeso questo squilibrio?
Gli investimenti nelle rinnovabili rientrano nel programma Ue 20-20-20 (ridurre le emissioni di gas serra del 20%, alzare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili del 20%, portare il risparmio energetico al 20%, tutto entro il 2020); un programma, già di per sé, mal pensato: non c’era bisogno di aprire contemporaneamente tre tavoli se lo scopo era la riduzione delle emissioni. Si è spinto su tre corsie quando, spingendo solo su una, si sarebbe potuto agire con maggior coordinazione.
Cosa ci abbiamo guadagnato?
Il consumatore respira un’aria migliore. Questo, in fondo, è il motivo fondamentale per cui vengono adottate politiche legate alle energie rinnovabili.
Ora, però, al governo tocca pure di salvare le centrali a gas.
Il problema si pone in tutti i paesi europei. Le centrali, pur producendo poco, devono rimanere attive e funzionanti. Occorre pagarle anche quando non funzionano perché siano disponibili a farlo quando la fonte rinnovabile si interrompe.
(Paolo Nessi)