Ci sono cinque passaggi obbligati che devono essere superati per sancire il decollo su vasta scala dello shale gas, il gas di scisto che potrebbe cambiare gli scenari energetici e che in alcuni Paesi, in primis gli Usa, sta già creando una situazione del tutto nuova. I passaggi sono: la valutazione delle reali potenzialità di questa fonte energetica; lo sviluppo di tecnologie estrattive sicure ed efficienti; la minimizzazione degli impatti ambientali delle attività di estrazione, il cosiddetto fracking; l’analisi dell’incidenza sull’ambiente dell’intera catena produttiva; il consenso sociale all’operazione nel suo complesso.
A questi step corrispondono i sottoprogrammi di un grande programma di ricerca sul gas da scisto, lo Shale Gas Joint Programme, avviato della EERA (European Energy Research Alliance), l’Alleanza Europea per la Ricerca sull’Energia, del quale – è notizia recente – è entrata a far parte l’italiana ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) con una serie di attività che saranno condotte in collaborazione con il Dipartimento di Geologia dell’Università Roma Tre e il Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia.
Il programma sullo shale gas di Eera intende creare una piattaforma di ricerca sulle tematiche prima indicate e per questo ha radunato 26 partner, istituti di ricerca indipendenti, provenienti da 15 Stati membri dell’Unione Europea; i convegni di avviamento e di coordinamento delle attività si sono svolti nel dicembre scorso ad Amsterdam e all’inizio di aprile a Bruxelles.
Sullo shale gas si concentrano tante aspettative e anche alcune preoccupazioni e un serio e ampio lavoro di ricerca può verificare le prime e ridurre le seconde.
Il gas di scisto, ormai è abbastanza noto, è un tipo di gas non convenzionale ottenuto con la tecnica della fatturazione idraulica (fracking): in pratica, viene sparata nel sottosuolo una gran quantità di acqua ad alta pressione, mista ad additivi chimici, allo scopo di spaccare le formazioni rocciose ricche di sostanze organiche non completamente trasformate in idrocarburi. Le cavità che si sono così create per la frattura delle rocce, vengono tenute aperte da sabbia che viene appositamente pompata: diventa in tal modo possibile estrarre il gas non convenzionale imprigionato nelle rocce tramite una perforazione praticamente orizzontale.
I risultati, laddove la tecnica è stata applicata, sono stati impressionanti: negli Stati Uniti lo shale gas in pochi anni ha registrato una crescita considerevole, passando dall’1% della produzione statunitense del 2000 a quasi il 30% nel 2012. Le proiezioni sugli sviluppi futuri sono tutte all’insegna della grande crescita; ad esempio la IEA (International Energy Agency) ha stimato che nel 2040 oltre il 50% della produzione statunitense di gas naturale deriverà dall’utilizzo estensivo di questo metodo estrattivo; il 2DS (Two Degree Scenario) dell’Energy Technology Perspectives (IEA/OCDE) per la quota di gas non convenzionale nel bilancio energetico prevede incrementi dal 12% del 2009 al 24% del 2035 al 34% del 2050.
Circa l’ammontare delle riserve disponibili, anche qui ci si deve basare sui valori stimati: un valore indicativo le vorrebbe intorno ai 200.000 miliardi di metri cubi, un valore di poco superiore a quello delle riserve accertate di gas naturale. Ma qui c’è uno dei primi nodi della questione: il potenziale estrattivo di shale gas non è distribuito equamente sul Pianeta: i due terzi delle risorse sono concentrate in soli sei paesi: Stati Uniti, Cina, Argentina, Algeria, Canada e Messico; per l’Europa le potenzialità sono limitate a un 7% del totale, con possibilità maggiori in Polonia, Francia e Romania. Ciò non toglie che enti e aziende energetiche e società impiantistiche di ogni nazionalità, nell’attuale scenario industriale globale, non possano giocare un ruolo importante in qualunque parte del mondo.
Per questo è interessante l’iniziativa europea di EERA. Le conclusioni a cui approderà il programma di ricerca serviranno come input sia per l’opinione pubblica sia per le istituzioni nazionali ed europee chiamate a decidere sulle normative che regolano le attività produttive dello shale gas.
Il contributo dell’Enea riguarderà lo sviluppo di sistemi innovativi per le prospezioni geologiche e per le analisi di laboratorio necessarie a identificare e classificare le riserve di shale gas, oltre allo studio dell’impatto ambientale e delle emissioni di gas serra associate alle pratiche di esplorazione e produzione.