Nel mondo delle batterie per alimentare la miriade di apparecchiature della futura società interconnessa le novità si susseguono a ritmo elevato. L’ultima viene dalla Stanford University tramite le pagine della rivista Nature, dove si parla di una nuova prospettiva introdotta dall’impiego degli ioni di alluminio che promettono prestazioni di estremo interesse. Sono il frutto delle ricerche condotte al Dipartimento di chimica da Hongjie Dai, in collaborazione con ricercatori del Taiwan Industrial Technology Research Institute, della Hunan University e della National Taiwan Normal University. Da tempo l’alluminio è tra i materiali che suscitano grande interesse ed elevate aspettative tra chi si occupa di migliorare le performance delle batterie: l’utilizzo dell’alluminio potrebbe consentire infatti bassi costi, garantire la non infiammabilità e fornire alta capacitò di carica. Il problema è trovare il modo di produrre una tensione sufficiente dopo ripetuti cicli di carica e scarica. Ora sembra che Dai e colleghi siano riusciti con quella che definiscono ‘batteria ultraveloce ricaricabile agli ioni di alluminio’.
Il fattore risolutivo è stata la scoperta, abbastanza casuale, che si poteva utilizzare della grafite per realizzare il catodo. Era questo il punto sul quale finora si erano arenati molti tentativi di realizzare batterie agli ioni di alluminio. All’anodo di alluminio, Dai ha abbinato quindi il catodo di grafite dopo aver identificato alcuni tipi di questo materiale – che, come è noto, è sostanzialmente carbonio – che sembrano fornire ottime prestazioni. Per le batterie sperimentali, il gruppo di Stanford ha interposto tra l’anodo di alluminio e il catodo di grafite un elettrolita ionico liquido; il tutto all’interno di un involucro rivestito con un polimero flessibile. L’elettrolita è fondamentalmente un sale, che è liquido a temperatura ambiente e quindi offre la garanzia di una maggiore sicurezza. Ed è proprio la sicurezza il primo dei vantaggi del nuovo sistema. Il confronto è ovviamente con la soluzione che va per la maggiore: quella delle batterie a ioni di litio, già ampiamente utilizzate in milioni di computer portatili e telefoni cellulari e altri dispositivi mobili. Anche per queste ci sono ricerche avanzate che stanno cercando di migliorare sicurezza e prestazioni; ma resta un elemento di incertezza, nei prodotti agli ioni di litio tradizionali, circa la possibilità di esplosione e incendio. Secondo Dai, la loro nuova batteria non corre un simile pericolo, anche se sottoposta a pressioni o urti violenti non può infiammarsi; gli scienziati mostrano anche un video dove una di queste batterie viene perforata nel suo involucro e continua a operare senza prendere fuoco.
Tra gli altri vantaggi delle future batterie a ioni di alluminio, c’è sicuramente quello, destinato forse ad essere il più apprezzato, della velocità di ricarica: non più ore, come ancora accade per una batteria agli ioni di litio dello smartphone; a detta dei chimici di Stanford, col prototipo in alluminio si potrebbe arrivare a tempi di ricarica fino a un minuto. La durata nel tempo è un altro fattore importante. Batterie di alluminio sviluppate in altri laboratori di solito sono morte dopo soli 100 cicli di carica-scarica; la batteria di Stanford invece è stata in grado di sopportare più di 7.500 cicli senza alcuna perdita di capacità: è la prima volta – dicono gli inventori – che una batteria ultraveloce agli ioni di alluminio raggiunge una stabilità dell’ordine delle migliaia di cicli. Da notare che una tipica batteria agli ioni di litio dura circa 1.000 cicli. Un’altra caratteristica della batteria di alluminio è la flessibilità: si può piegare e ripiegare e ha perciò grandi potenzialità di utilizzo nei futuri dispositivi elettronici flessibili, come quelli “indossabili”. Non va poi trascurato il fattore costo: l’alluminio è un metallo certamente più economico e disponibile rispetto al litio. E c’è l’innegabile vantaggio ambientale: con la tecnologia delle batterie ricaricabili in alluminio si potranno egregiamente sostituire molti dispositivi equivalenti, come le batterie alcaline usa e getta, che costituiscono un carico negativo per l’ambiente.
Quello che resta aperto è il problema della tensione prodotta. Rispetto ai tentativi fatti finora di produrre batterie in alluminio, questa di Stanford è riuscita a generare circa due volt di elettricità, che sarebbe sufficiente per i molti dispositivi che operano con le pilette AA da 1,5 volt; e comunque è un livello superiore a qualunque altro prototipo agli ioni di alluminio. È però circa la metà della tensione di una tipica batteria al litio. Ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto per quanto riguarda il materiale catodico. E a Stanford non disperano di ottenere presto altri risultati positivi. Una spinta ulteriore alle ricerche potrà venire anche dal fatto che, oltre ai piccoli dispositivi elettronici, questo tipo di batterie potrà essere utilmente impiegato per immagazzinare energia rinnovabile sulla rete elettrica. Le nuove soluzioni delle cosiddette “smart grid”, richiedono batterie con lunghi cicli di durata e in grado di immagazzinare e rilasciare rapidamente energia; è difficile immaginare la costruzione di enormi batterie agli ioni di litio per la memorizzazione di rete; mentre – dicono i colleghi di Dai – «i nostri dati più recenti suggeriscono che una batteria di alluminio possa essere ricaricata decine di migliaia di volte».