Se si esaminano le stime dell’evoluzione della domanda elettrica in Italia nel decennio dal 2005 in poi (considerando ad esempio le stime di Terna GRTN), ci si può trovare di fronte a numeri totalmente irrealistici: una previsione ad esempio dice che nel 2015 la domanda elettrica potrebbe variare tra 405 e 432 TWh, ma difficilmente al termine di quest’anno si raggiungeranno i 300 TWh. Quindi un clamoroso errore di valutazione. A citare questi dati è il professor Ennio Macchi, del Politecnico di Milano, che incontriamo in occasione della conferenza “Renewables, Grid, Energy Storage” organizzata da Animp (Associazione Nazionale di Impiantistica) e ATI (Associazione Termotecnica Italiana), svoltasi ieri a Milano.



La citazione è fatta a dimostrazione di quanto sia difficile fare previsioni ragionevoli sullo sviluppo del settore energetico, sull’utilizzo delle fonti e così via; ci sono sempre grandi incertezze. Macchi però ha alcune personali certezze sul futuro dell’energia, che non esita a comunicarci. «Una prima certezza è che la domanda globale di energia continuerà a crescere nei prossimi decenni: la ragione della mia sicurezza in proposito è che attualmente esistono miliardi di persone sul nostro Pianeta che vivono una vita estremamente povera, al di sotto di ogni logico standard e d’altra parte l’accesso all’energia è fondamentale per lo sviluppo: quindi da queste persone arriveranno richieste di energia e di prodotti e servizi che la implicano e tutto ciò peserà di più di quanto potrà essere il risparmio energetico ottenuto nei Paesi più ricchi grazie ai programmi per l’efficienza energetica».



La seconda certezza, che peraltro non è condivisa da molti altri studiosi e operatori, è che anche i consumi di combustibili fossili continueranno a crescere. «Il loro apporto percentuale diminuirà un po’ ma in termini assoluti continueremo a utilizzare più carbone, petrolio e gas naturale. Se sarà così, non c’è dubbio che le emissioni di CO2 sono destinate ad aumentare: l’unica possibilità perché ciò non avvenga è che si intensifichi l’applicazione della tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage) che però non mi sembra godere di grande popolarità anche se è l’unica che potrebbe consentire di continuare a utilizzare combustibili fossili e insieme ridurre la CO2».



La terza certezza è che lo sviluppo delle fonti rinnovabili continuerà impetuoso. E poiché buona parte di queste fonti non è programmabile (si pensi al Sole e al vento) si dovrà imporre una gestione intelligente della rete per utilizzare al meglio gli apporti energetici ottenuti seguendo le condizioni meteorologiche e non secondo la domanda. Ecco quindi l’utilità di affrontare congiuntamente i temi delle rinnovabili dell’accumulo e delle smart grid. Dovendo delineare un quadro del futuro energetico e dei suoi impatti, al di là dei limiti delle previsioni, ci sono due scuole di pensiero molto distanti tra loro.

Una, molto diffusa, che Macchi denomina “politico ambientale ottimista”, prevede una drastica riduzione delle emissioni di CO2 – e quindi del consumo di combustibili fossili – in base a scenari che prevedono nel 2050 la produzione di energia avvenga a emissioni zero (il che vorrebbe dire ricorrere unicamente a rinnovabili, nucleare e CCS). «Personalmente non ci credo; anche perché questo scenario implica che già nel 2030 le emissioni dovrebbero essere ridotte drasticamente, ma di questo non c’è ancora traccia. Così pure, sempre in questo scenari ottimisti, anche industria e trasporti, che oggi sono dominati da petrolio e gas naturale, dovrebbero portare quasi a zero questi consumi, e le relative emissioni; e anche questo è poco immaginabile. Ciò non taglie che questa sia la visione del futuro che va per la maggiore: basta sentire i politici e i media». Se invece si guardano le statistiche, le cose cambiano.

Esaminando i dati che riportano i consumi mondiali di energia divisi per fonte, si nota che le rinnovabili coprono ancora meno del 2% del totale: «ritenere che questo possa diventare l’80% in pochi decenni mi sembra una forma di ottimismo non totalmente giustificato». Circa la situazione italiana, la produzione di energia dal 2000 al 2013 si aggira mediamente sui 300 TWh annui con una diminuzione dopo la crisi del 2008-2009: se consideriamo le fonti non programmabili si nota negli ultimi anni un loro forte incremento, pur se la percentuale sul totale è sempre modesta.

«Vedremo come evolverà nei prossimi anni: la mia impressione è che, ad esempio, lo straordinario boom del fotovoltaico verificatosi negli anni scorsi non sia destinato a ripetersi. Non c’è dubbio però che a fronte di quel 3% di apporto delle fonti non programmabili a livello mondiale, in Italia e anche in altre nazioni europee si registrino apporti molto più consistenti, fino a un 13%. Si pone quindi più che mai il problema della gestione intelligente di queste fonti; e qui torniamo al tema delle smart grid e dell’accumulo». Un’altra considerazione interessante che denota i cambiamenti in atto è relativa al diverso valore dell’energia nelle diverse fasce orarie.

In passato c’era molta differenza nell’arco della giornata; ora invece, se esaminiamo il prezzo unico nazionale (PUN) lo troviamo più livellato, con variazioni limitate (Macchi cita il dato del 1 luglio, dove il PUN variava tra un massimo di 53 e un minimo di 42 euro al MWh); «ciò non invoglia a investire in sistemi che accumulano energia quando è a basso prezzo per poi rivenderla quando il prezzo è più elevato. E infatti negli ultimi anni più di 7mila MW di centrali di turbinaggio in Italia lavorano solo per circa 300 ore equivalenti all’anno».

Naturalmente tutti questi sono discorsi su scala nazionale; poi a livello locale e per certe tipologie di produzione il problema dell’accumulo si pone: si pensi al caso dell’eolico, per il quale ci sono iniziative apposite e impianti pilota che accumulano energia nelle ore di massima ventosità per poi restituirla quando serve. Pensando ai temi del convegno, il professor Macchi tiene a sottolineare un punto. «Quando si pensa alle smart grid occorrerebbe adottare un approccio globale che consideri le tre forme: l’energia elettrica, il calore e il freddo.

Sono convinto che nei prossimi anni si cercherà di produrre caldo e freddo utilizzando sempre più energia elettrica: per il caldo, ad esempio, le moderne pompe di calore offrono prestazioni molto attraenti. quindi la domanda termica sarà legata anche a quella elettrica. Poi crescerà anche il ricorso alla cogenerazione, fino alla micro-cogenerazione diffusa. Inoltre, se pensiamo ai sistemi di generazione del freddo, è normale avere delle grandi capacità di accumulo che presentano un’inerzia molto breve; è facile quindi attivarli e disattivarli frequentemente in base alle necessità».

Da tutto ciò deriva la visione di una rete intelligente che, grazie ai moderni sistemi informatici, riesce a dialogare con generatori, con centrali frigorifere e altre apparecchiature, gestendo la variabilità della richiesta; al contempo i gestori di impianti possono mettere a disposizione la loro capacità di scambiare energia con la rete. Nell’insieme, si ha un sistema sempre più ottimizzato grazie a tutte queste interazioni. Macchi segnala in proposito un progetto avviato al Politecnico di Milano in collaborazione con Regione Lombardia, denominato progetto SCUOLA, che mira a dimostrare come possano essere efficacemente realizzate queste sinergie: «è un felice connubio tra le tipiche tematiche termodinamiche, del caldo e del freddo, e quelle della gestione del sistema elettrico».