I leader Ue riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo hanno trovato l’intesa sull’imposizione di un tetto al prezzo del gas, ma l’accordo andrà finalizzato lunedì 19 dicembre fissando la soglia esatta del price cap. La proposta originaria della Commissione europea prevedeva un tetto a 275 euro per megawattora, limite che comunque poteva essere attivato solo a determinate condizioni, ma molti Paesi si erano però opposti: l’Italia, per esempio, perché considerava il livello troppo alto e le regole per attivarlo troppo rigide, mentre Germania e Paesi Bassi temevano che con la scelta di limitare artificialmente i prezzi l’Europa potesse rischiare una carenza di gas, con forniture dirottate verso altre nazioni. Come ha dichiarato la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, “ci sono ancora punti di vista diversi su questo aspetto della proposta”.



Ma per Alberto Clò, già ministro dell’Industria nel governo Dini e dal 1984 direttore della rivista “Energia”, la parola fine non è certo vicina: “Il price cap è una telenovela a cui non crede più nessuno”. E punta il dito contro la Commissione Ue, che “ha commesso errori stratosferici”, confermati anche dalle decisioni sul piano RePowerUe e sull’intenzione di introdurre dazi ambientali sull’import.



L’Europa sembra aver trovato un’intesa sul price cap, ma manca ancora la definizione della soglia, che dovrebbe oscillare tra i 160 e i 220 euro. È la volta buona?

Sarà almeno una decina di volte che si è sentito parlare di intesa raggiunta. Quella del price cap è una telenovela ridicola, che non incanta più nessuno. E come tutte le altre volte precedenti, bisogna ancora capire come funzionerà questo meccanismo, a cui non crede più nessuno.

Sul petrolio russo però una decisione è stata trovata. Funziona?

A parte il fatto che Putin ha sempre detto che in caso di price cap sul gas non ci avrebbe più venduto il suo metano, il tetto al prezzo del petrolio russo è stato fissato a 60 dollari, cioè – che assurdità – a un livello superiore alle quotazioni che pratica Mosca, visto che oggi lo vende a 45-50 dollari. E poi bisogna stare attenti, perché i mercati dell’energia cambiano molto velocemente.



Sul price cap si è sempre speso molto lo stesso ex premier Mario Draghi…

Mi ricordo infatti l’ultimo Consiglio europeo cui partecipò proprio Draghi, tutto contento perché l’intesa sembrava raggiunta. Ma poi non è mai accaduto nulla. E anche adesso, dovesse succedere, il price cap arriverebbe a babbo morto.

Perché a babbo morto?

Primo: che senso ha oggi, visto che le forniture della Russia sono crollate? Erano il 40% dei consumi, ora sono intorno al 6-7%. Contano ancora, ma nel frattempo ci siamo massicciamente riconvertiti al gas liquefatto. Secondo: che senso ha oggi un price cap, visto che i prezzi del gas, rispetto a fine agosto, sono crollati? E non sono caduti, come sosteneva Draghi, per un’intesa politica, ma perché c’è stata una riduzione della domanda. Poi bisognerà vedere quali saranno le temperature di questo inverno. Ma il vero problema è un altro.

Quale?

Molti dei guasti che abbiamo subìto con questa crisi energetica sono responsabilità della Commissione.

Perché?

La Commissione Ue ha commesso errori stratosferici. Le cito solo un esempio: quando a metà anno ci si è preoccupati per le basse scorte e quindi della necessità di riempire gli stoccaggi, a un livello che la Commissione ha indicato prima all’80% e poi al 90%, tutti i Paesi sono corsi ad acquistare gas, facendosi concorrenza tra di loro. Se la Commissione avesse svolto un minimo ruolo di coordinamento, avremmo avuto prezzi molto, ma molto più bassi. Senza dimenticare l’assurdità che, mentre la Commissione non svolgeva questo compito di raccordo, proponeva una piattaforma per gli acquisti comuni di gas. E quando i governi hanno iniziato a fare il giro delle sette chiese per trovare nuovi approvvigionamenti, dall’Algeria al Mozambico, anche lì si sono fatti una forte concorrenza tra loro.

“Non abbiamo superato il peggio, ci dobbiamo preparare a una situazione molto seria per il prossimo inverno. Non dobbiamo dimenticare che la scorsa primavera avevamo comunque il gas russo, l’anno prossimo partiremo con zero gas”. Lo ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron, al termine del vertice Ue. Cosa ci aspetta?

Ha ragione Macron. Innanzitutto, perché dipende da come andrà la stagione invernale. In secondo luogo, finita la stagione invernale, avremo da ricominciare a riempire gli stoccaggi e adesso non è che il gas sia disponibile in larga quantità. Last, but not least, sul mercato internazionale finora la Cina è stata assente, perché i lockdown molto severi, imposti dalla politica zero Covid, hanno tagliato i tassi di crescita dell’economia: quest’anno la Cina crescerà del 2,5-3%. Ma se Pechino allenta le restrizioni, tornerà forte sui mercati, facendo aumentare la domanda mondiale di gas. E quindi ogni Paese europeo si troverà in concorrenza con la Cina nell’acquisto di gas.

Intanto la von der Leyen ha annunciato un accordo sul RePowerEu. Può essere un’arma risolutiva per affrontare l’attuale crisi dell’energia?

No. Oggi tutti investono per nuovi rigassificatori, nuovi gasdotti, nuovi contratti di acquisto del gas. Ma se si mettono insieme Fit for 55 e RepowerUe, nel giro di pochi anni, entro il 2030, si dovrebbe arrivare a una riduzione della domanda di gas pari al 60%. La domanda è: facciamo i rigassificatori, che poi tra qualche anno saranno vuoti? Facciamo contratti a lungo termine, che poi tra qualche anno saranno inutili? La Commissione con la destra fa una cosa e con la sinistra fa esattamente il contrario.

Che cosa rischia l’Europa?

Chi va a investire sapendo che la domanda sarà destinata a crollare? Non a caso questo compito se lo assumono gli Stati. Stiamo buttando via ingenti quantità di denaro pubblico. Così come per alleviare le difficoltà di famiglie e imprese.

Quanto ha speso l’Europa per contrastare il caro bollette?

Dall’inizio dell’anno la Ue ha erogato 570 miliardi di euro, l’Italia da sola oltre 80 miliardi e la Germania circa 100. Questi soldi, dati tra l’altro in egual misura a chi aveva bisogno e a chi non aveva problemi a pagare le bollette, hanno avuto l’effetto di tenere elevati i consumi: se si abbassano i prezzi, i consumi vengono incentivati.

Ma i consumi non si sono ridotti, non abbiamo avuto risparmi di energia?

I consumi si sono ridotti perché abbiamo avuto un autunno mite e perché l’inflazione ha eroso il potere di spesa dei consumatori.

Per la prima volta al mondo, l’Unione europea adotterà un dazio ambientale, una sorta di imposta che andrà a colpire i beni industriali importati sul territorio comunitario e che hanno prodotto particolari volumi di emissioni nocive. L’obiettivo è stimolare i partner a rendere più ecologica la loro industria ed evitare le delocalizzazioni, bloccando sul nascere la concorrenza sleale. Scelta coraggiosa o scelta dannosa?

Scelta dannosa. Quando ci si avvia sulla strada dei dazi, si sa come si parte, ma non si sa dove si arriva. Il protezionismo non porta nulla di positivo.

Un’ultima domanda sul caso Qatargate. Il Qatar ha sempre avuto notevole importanza per le riserve di gas ed è un grande partner dell’Italia: è socio strategico del rigassificatore AdriaticLng di Rovigo e firmatario di un accordo di partnership per lo sviluppo del progetto North Field East con Eni per lo sfruttamento di un giacimento di gas tra i più grandi al mondo. Potremmo ricevere meno gas da Doha? 

Adesso è scoppiato lo scandalo, ma gli europei torneranno ben presto in ginocchio dai qatarioti per elemosinare il gas. Il Qatar è anche il referente della Germania nei contratti a lungo termine ed è diventato il grande fornitore della Cina: ha siglato recentemente un accordo trentennale da 150 miliardi di metri cubi. Il fatto è che noi siamo ostaggi di Paesi come il Qatar. In Italia vent’anni fa si estraevano 20 miliardi metri cubi di gas, l’anno scorso appena 3, e tutto questo per andare a comprare gas dalla Russia o dallo stesso Qatar.

(Marco Biscella)

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