Nella campagna elettorale statunitense entrano in campo le compagnie petrolifere, e lo fanno con un obiettivo esplicito: rallentare la transizione energetica e di conseguenza tutti i benefici che già sta già portando a largo raggio in termini di minore impatto ambientale, prezzi più bassi dell’energia elettrica e maggiore indipendenza energetica dei singoli Stati (e anche dei singoli utenti). È insomma una mossa che cerca di riportare indietro le lancette dell’innovazione.
Le Big Oil sono scese in campo secondo il loro stile con una forte dose di aggressività, mettendo un miliardo di dollari sul piatto della campagna elettorale di Donald Trump in cambio di agevolazioni e minori tasse per i giganti dell’energia fossile. Così lo ha raccontato la stampa nei giorni scorsi (tra cui Federico Rampini dalle pagine del Corriere della Sera dell’11 maggio).
Non è una novità che le compagnie petrolifere siano in grado di influenzare le elezioni statunitensi e mettere una pesante ipoteca sul risultato finale. Ma ora per loro c’è in gioco qualcosa di più importante che in passato, quando l’obiettivo era soprattutto il mantenimento di un potere esclusivo in un orizzonte sgombro da minacce. L’avanzata delle energie rinnovabili sta disegnando un futuro dove il peso delle fonti fossili sarà gradualmente ridimensionato, e con esso le gigantesche rendite di posizione che hanno fatto di questi gruppi i veri padroni del mondo per oltre 150 anni.
Quali conseguenze possa generare questa attitudine prevaricatrice lo si è visto con evidenza due anni fa, con l’esplosione di una crisi energetica motivata con il pretesto del confitto tra Russia e Ucraina, ma poi rilevatasi una colossale speculazione.
Mentre i cittadini europei e soprattutto italiani si vedevano recapitare bollette con costi moltiplicati per due, per tre, per quattro… mentre tante nostre imprese nell’estate 2022 si vedevano costrette a interrompere la produzione per i costi energetici non più sostenibili… i big dell’energia fossile registravano entrate giganteschi che avrebbero portato in quell’anno a un boom di profitti rispetto al 2021, con vendite e utili in aumento del 50% e più, arrivando in alcuni casi anche al raddoppio. Insomma, uno spudorato trasferimento di denaro dai nostri portafogli alle casse delle Big Oil.
Di buono ci fu che quell’emergenza generò un forte cambiamento nell’atteggiamento di privati e aziende verso le rinnovabili e in particolare verso l’energia solare, abbattendo tanti pregiudizi e sciocchi steccati ideologici. Soprattutto le aziende scoprirono che il fotovoltaico poteva offrire due grandi vantaggi: energia a un prezzo più basso e riparo da altri sconsiderati aumenti del prezzo dell’energia elettrica.
Nel 2023 in ambito industriale sono stati allacciati in Italia ben 9.000 impianti fotovoltaici, per una nuova potenza installata di 1.950 MW. A farlo sono state soprattutto le industrie energivore, cioè quelle dove la voce “energia elettrica” ha un ruolo decisivo nel conto economico. In Italia la produzione da fonte solare nel 2023 è stata pari a 30.711 GW, con una crescita del 9,2% rispetto all’anno precedente. Quei 30mila gigawattora sono una enorme fetta di fatturato sottratto in particolare alle compagnie petrolifere.
Allargando lo sguardo all’Europa, il 2023 è stato l’anno in cui la produzione da fonte eolica ha superato per la prima volta quella dal gas: una rivoluzione inimmaginabile sino a pochi anni fa. Su scala mondiale, le rinnovabili hanno raggiunto nel 2023 il 30% della produzione globale di energia elettrica: sole e vento hanno prodotto 513 TWh in più rispetto al 2022, ma anche le fonti fossili hanno aggiunto in un anno 135 TWh.
Insomma, la sfida tra passato e futuro si fa sempre più incandescente. A livello globale il rischio di perdere quote di mercato e introiti diventa un allarme sempre più minaccioso per i signori delle fonti fossili, tanto da spingere le Big Oil a schierare tutta la propria forza d’urto. Già alla COP28, che si è tenuta a Dubai nella prima metà dello scorso dicembre, i produttori di energia da fonti fossili avevano accreditato 2.456 lobbisti, un numero mostruoso, quadruplicato rispetto all’edizione precedente, e non certo con l’obiettivo di fare melina… E ora arriva il miliardo di dollari messo sul tavolo della campagna elettorale di Trump.
Non sappiamo come andrà a finire. A essere in pericolo però è il rafforzamento di quei tre benefici già citati: prezzi più bassi dell’energia elettrica, minore impatto ambientale e maggiore indipendenza energetica. E quindi le nostre tasche, l’ambiente che lasceremo ai nostri figli e un pezzo della nostra libertà. Mica roba da poco. Come del resto aveva sottolineato anche Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Laudate Deum”, “la necessaria transizione verso energie pulite, come quella eolica, quella solare, abbandonando i combustibili fossili, non sta procedendo abbastanza velocemente. Di conseguenza, ciò che si sta facendo rischia di essere interpretato solo come un gioco per distrarre”. Un gioco per il quale rischiamo di pagare un conto salatissimo.<
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