L’affaire Eni-Amara-Armanna-Procura di Milano si ingrossa ulteriormente: dopo le motivazioni depositate dal Tribunale di Milano sulla sentenza di assoluzione dei vertici Eni (Descalzi e Scaroni, accusati ingiustamente di tangenti e corruzione), tiene ora banco il famigerato “video” in cui l’avvocato-affarista Piero Amara (arrestato per il caso Ex Ilva negli scorsi giorni, ndr) intercetta il collega Vincenzo Armanna pochi giorni prima la deposizione-accusa contro la multinazionale fondata da Enrico Mattei.
Abbiamo scoperto ieri che i giudici di Milano – il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro – sono al momento indagati per «rifiuti d’atti di ufficio» dalla Procura di Brescia: in pratica, i due pm dell’accusa contro l’Eni avrebbero nascosto volontariamente il video in cui si metteva nero su bianco l’intenzione di Armanna (testimone-accusatore principe nel processo Eni-Nigeria) di voler screditare o peggio ricattare i vertici Eni. Non solo, i due procuratori sarebbero indagati anche in base alle dichiarazioni rilasciate da un altro pm di Milano, Paolo Storari, anche lui indagato a Brescia sul fronte Amara-Loggia Ungheria. Il video nascosto dalla pubblica accusa – secondo le motivazioni scritte dal Tribunale milanese – per continuare a sostenere la colpevolezza dei vertici Eni Descalzi e Scaroni, non sarebbe dunque il solo elemento dell’interesse della Procura di Brescia su Spadaro e De Pasquale: da capire quali relazioni vi siano tra l’avvocato Amara, le sue “teorie” esposte nei mesi scorsi ai magistrati e i rapporti interni alle procure.
AMARA-ARMANNA, IL GRANDE CAOS DELLA GIUSTIZIA
Ebbene, ora la novità riguarda l’effettiva presenza di quel video a livello pubblico: stamane il portale “Dagospia” in esclusiva mostra il video integrale in cui l’avvocato Amara (in maniera clandestina) il 28 luglio 2014 registra l’incontro con Armanna. Due giorni dopo lo stesso ex avvocato esterno Eni andrà dai giudici a rilasciare la dichiarazione spontanea che porterà alla sbarra Descalzi e Scaroni, poi assolti definitivamente lo scorso marzo: il filmato costituiva una prova rilevante a discarico dei vertici Eni, dato che solo due giorni prima della deposizione Armanna pianificasse di «ricattare i vertici della società», preannunciando l’initenzione di far arrivare «una valanga di merda». Nelle scorse ore la Procura di Brescia ha acquisito il video integrale che potete però già visionare su Dagospia (qui il link): dalle fonti di indagine riportate oggi dal Corriere della Sera, emerge ancora con più chiarezza come il vero “snodo” della vicenda Amara-Armanna riguarda un profondo e aspro scontro interno alla Procura di Milano. Scrive Ferrarella per il CorSera: «La ragione della perquisizione informatica e dell’iscrizione nel registro degli indagati dei due pm è invece la nuova e ancora più attuale vicenda, che al procuratore di Brescia, Francesco Prete, sarebbe stata prospettata da Storari nell’interrogatorio al quale questo pm milanese era stato sottoposto settimane fa nel procedimento che lo vede indagato (rivelazione di segreto d’ufficio) per avere consegnato nell’aprile 2020 all’allora consigliere Csm Piercamillo Davigo i verbali segretati che l’avvocato Amara aveva reso tra dicembre 2019 e gennaio 2020 su una asserita associazione segreta denominata “Ungheria”».
In sostanza, secondo quanto raccolto finora dal Corriere della Sera e dalle carte emerse, De Pasquale e Spadaro assieme al procuratore capo di Milano Greco avrebbero voluto mantenere “nascoste” le accuse di Amara per non interferire sul processo Eni: di contro, Storari era contrario e per questo avrebbe portato i documenti al Csm per evidenziare quanto non “andasse” in quell’intricata vicenda all’interno degli uffici giudiziari milanesi. Se le gravi circostanze che mostra il video “nascosto” – falsificazione di atti prodotti in giudizio da Armanna, e una sua possibile corruzione in atti giudiziari di un testimone – fossero emerse prima, il processo su Eni sarebbe stato forse fermato sul nascere: chi però poteva avere interesse nel bloccare tale ricostruzione della verità? Realmente si può pensare che un giudice come De Pasquale, pur considerato dai quotidiani di Centrodestra come “l’anti-Cav”, possa aver volutamente nascosto prove che avrebbero smontato l’impianto processuale contro l’Eni? Da queste domande e da tante altre che emergeranno nei prossimi giorni si può ben intuire come l’infinito filone Palamara-Amara-Armanna sia un vero tsunami per la già in crisi giustizia italiana.