Sono state ufficialmente avviate le operazioni del Ravenna CCS, il primo sito italiano di stoccaggio permanente della CO2 nato dalla joint venture tra Eni e Snam e che ha già ricevuto alcuni importanti riconoscimenti da parte dell’Unione Europea. Il progetto si candida a diventare il polo italiano per la decarbonizzazione delle industrie energy intensive e hard to abate rappresentando un contributo fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici e la neutralità carbonica al 2050.
Per ora il Ravenna CCS entrerà in quelle denominata Fase 1 che prevede la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO2 emessa dalla centrale Eni di Casalborsetti (sempre nel ravennate) abbattendo così – una volta che l’operazione sarà a pieno regime – circa 25 mila tonnellate di emissioni annuali: l’anidride passerà attraverso delle conduttore dismesse che in passato trasportavano gas naturale e finirà nella piattaforma offshore di Porto Corsini Mare Ovest.
Dalla piattaforma, la CO2 catturata viene – infine – iniettata in completa sicurezza e senza alcun tipo di dispersione ambientale all’interno di un ex giacimento di gas esausto situato a qualcosa come 3mila metri di profondità: così facendo la centrale Eni di Ravenna riesce a garantirsi un abbattimento delle emissioni medio del 90% (con importanti picchi fino al 96%). Un altro elemento distintivo del progetto è l’alimentazione dell’impianto di cattura della centrale di Casalborsetti con energia elettrica da fonti rinnovabili, con il risultato di evitare ulteriori emissioni di CO₂.
Cos’è il Ravenna CCS di Eni e Snam: l’obiettivo di catturare almeno 16 milioni di tonnellate di CO2 all’anno
Dalla Fase 1 di cui è attualmente protagonista il Ravenna CCS, Eni e Snam contano di passare entro i prossimi alla Fase 2 che porterà il progetto di cattura della CO2 anche in decine e decine di altre industrie inquinanti italiane con l’obiettivo – questo entro l’ormai ambientalmente iconico 2030 – di stoccare fino a 4 milioni di tonnellate all’anno: secondo recentissime stime i giacimenti di gas dismessi nell’Adriatico potrebbero ospitare più di 500 milioni di tonnellate; mentre la joint venture conta di raggiungere volumi di trasporto e stoccaggio annuali di circa 16 milioni, ma molto dipenderà anche dal mercato.
Di fatto – se tutto procedesse secondo i piani di Eni e Snam – il Ravenna CCS potrebbe diventare il più importante hub di stoccaggio dell’intera Europa meridionale, sfruttando i centinaia i chilometri di condutture del gas oggi inutilizzate, con il triplice effetto di aumentare la competitività delle industrie italiane e di garantire la creazione di nuovi posti di lavoro; il tutto mentre il settore industriale può risparmiare migliaia di euro di interventi per la conversione delle loro produzioni in ottica ambientale.
Claudio Descalzi (Eni): “Con il Ravenna CCS aiuteremo le industri energivore che non possono essere elettrificate”
Commenta l’avvio delle operazioni di cattura e stoccaggio della CO2 l’Amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi che ha definito il Ravenna CCS “un progetto di grande importanza per la decarbonizzazione” ricordando che l’innovativa tecnica “è (..) efficace, sicura e disponibile fin da ora“, rappresentando un’alternativa comoda ed efficiente per “le industrie energivore le cui attività non sono elettrificabili“.
Descalzi ha ricordato anche che il progetto nel ravennate sfrutta – da un lato – “i nostri giacimenti esausti [e] le infrastrutture esistenti“, ma anche – dall’altro lato – “il nostro know-how nelle tecniche di reiniezione“; il tutto per garantire oltre al più volta citato abbattimento delle emissioni “un servizio molto competitivo” dal punto di vista economico dando una spinta importante e fondamentale alla transizione ambientale senza intaccata “la competitività economica” delle nostre imprese e “la domanda reale di chi l’energia la deve utilizzare per lavorare e produrre“.
Rimanendo nel tema della sicurezza e dell’efficienza dei sistemi di stoccaggio della CO2 vale la pena ricordare anche che importanti organizzazioni internazionali come l’IPCC, l’IEA e l’IRENA hanno riconosciuto nei progetti simili al Ravenna CCS di Eni e Snam un ruolo centrale nel futuro green del pianeta; mentre l’Unione Europea ha fissato l’asticella della cattura ad almeno 50 milioni di tonnellate all’anno entro la data fondamentale del 2030.