La Contea di Makueni, in Kenya, è una immensa distesa di terra bruciata dal sole. Qui sorge la piccola azienda agricola di Jany. Da qualche tempo, per diversificare le entrate, ha deciso di coltivare il ricino, una pianta ricca di olio, resistente alla siccità e che cresce velocemente su terreni degradati, non in competizione con la produzione alimentare. E Jany – una delle migliaia di agricoltori coinvolti in diversi progetti – ha potuto fare tutto questo grazie a Eni.



Il frutto del suo lavoro, infatti, è destinato al primo agri-hub del paese, un vero e proprio impianto di raccolta e spremitura dei semi di ricino, realizzato proprio da Eni a Wote, capoluogo della Contea di Makueni, e inaugurato a luglio 2022. L’olio vegetale estratto da questo agri-hub, dopo essere stato lavorato, è destinato alle bioraffinerie Eni che lo trasformeranno in biocarburanti, fondamentali per contribuire alla decarbonizzazione dei trasporti perché sono una soluzione di immediata applicazione, con le attuali infrastrutture e motorizzazioni. In particolare, Eni è l’unico produttore italiano e il secondo produttore in Europa del biocarburante HVO (olio vegetale idrogenato) che da gennaio 2023 sarà disponibile in purezza: l’HVO puro al 100% consente di abbattere le emissioni di CO2 (calcolate lungo tutto il ciclo di vita) tra il 60 e il 90% rispetto al mix fossile di riferimento.



Proprio qualche giorno fa dal porto di Mombasa è salpato il primo cargo di olio vegetale per la bioraffinazione prodotto da Eni in Kenya e diretto alla bioraffineria di Gela, in Sicilia. Si è così avviato il sistema di trasporto e logistica che supporterà la catena del valore nel paese: si parte da una produzione di 2.500 tonnellate entro la fine del 2022, poi si salirà rapidamente a 20mila tonnellate nel 2023, ma l’obiettivo è coprire entro il 2025 il 35% dell’approvvigionamento delle proprie bioraffinerie grazie all’integrazione verticale della filiera degli agri-feedstock e waste&residue con i progetti avviati da Eni in diversi Paesi, che permetterà di assicurare volumi di olio vegetale in un contesto sfidante in termini di prezzi, domanda crescente di energia e disponibilità di oli sostenibili.



“A soli tre mesi dalla startup di Makueni – ha dichiarato Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni – inizia l’export di olio vegetale per le bioraffinerie, attraverso un modello di integrazione verticale che consente di promuovere uno sviluppo locale sostenibile e di valorizzare la filiera per la produzione di biocarburanti. Questi sono i semi di una nuova energia, un passo concreto per decarbonizzare i trasporti con un approccio innovativo che a partire dalla produzione del Kenya si estenderà l’anno prossimo al Congo, e successivamente agli altri Paesi africani e alle aree geografiche in cui stiamo portando avanti questi progetti”.

L’olio vegetale è prodotto nell’agri-hub di Makueni, l’impianto inaugurato dall’azienda a luglio 2022, dove avviene la spremitura di sementi di ricino, di croton e di cotone. Sono agri-feedstock non in competizione con la filiera alimentare, coltivati in aree degradate, raccolti da alberi spontanei o risultanti dalla valorizzazione di sotto-prodotti agricoli, offrendo opportunità di reddito e accesso al mercato a migliaia di agricoltori. Nel centro, inoltre, si producono anche mangimi e bio-fertilizzanti, derivati dalla componente proteica dei semi, a beneficio delle produzioni zootecniche, contribuendo così alla sicurezza alimentare.

Il progetto in Kenya – che fa da apripista nella catena agro-industriale, che al momento include Congo, Mozambico, Angola, Costa d’Avorio, Benin, Ruanda e Kazakistan – è stato lanciato da Eni nel 2021 e l’iniziativa prevede la costruzione di altri agri-hub (il secondo in Kenya entrerà in funzione già nel 2023; nello stesso anno è previsto il primo in Congo) e l’aumento della produzione con il coinvolgimento di decine di migliaia di agricoltori, contribuendo così a promuovere in maniera significativa lo sviluppo rurale del Paese e a creare valore nel lungo periodo.

Tutti gli agri-feedstock sviluppati da Eni Keya, così come l’intera filiera, sono certificati secondo lo schema di sostenibilità ISCC-EU (International Sustainability and Carbon Certification), uno dei principali standard volontari riconosciuti dalla Commissione europea per la certificazione di biocarburanti (RED II). Non solo: Eni è stata la prima azienda al mondo a certificare il ricino e il croton e a permettere a un cotonificio africano di raggiungere questi standard di garanzia, offrendo nuove opportunità di mercato agli agricoltori locali per questa materia prima.

Eni ha già iniziato a esportare anche l’olio da cucina usato (UCO), raccolto nelle catene di hotel, nei ristoranti e nei bar di Nairobi, tramite un progetto che promuove la cultura del riciclo, non solo generando reddito da un rifiuto, ma anche sensibilizzando gli operatori economici sui benefici ambientali e sanitari legati al corretto smaltimento degli oli usati.