Nei prossimi quattro anni, dal 2024 al 2027, Eni investirà 27 miliardi di euro allocando le risorse su un ampio spettro di settori. Il piano di investimenti è solo uno degli elementi del nuovo Piano Strategico, presentato ieri, che si colloca in uno scenario in continuo movimento. La sfida è quella di distribuire energia “economica, sicura e sostenibile” senza che nessuno di questi obiettivi sia raggiunto a discapito degli altri. Il rischio è sempre quello di accentuare un aspetto su tutti in uno scenario che è in movimento.
Negli ultimi cinque anni si è assistito al crollo dei prezzi durante il Covid, poi alla loro esplosione con le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina mentre oggi, nonostante il calo dei prezzi di gas ed elettricità dai massimi, si continua a porre sia il problema della sicurezza energetica europea, sia quello della sua competitività con la forbice dei prezzi dell’elettricità, per esempio, tra Stati Uniti ed Europa ancora superiore al 2021.
È per questo che Eni investe in produzione di gas, in impianti di cattura della CO2, in rinnovabili, bioraffinerie e chimica verde. Anche il nucleare di nuova generazione vede Eni attiva. Per comprendere la ragione di questa varietà basta pensare ad alcuni dei dibattiti più recenti. In Europa si è discusso per mesi sull’inserimento o meno del nucleare nella tassonomia, si discute della fine dei motori a combustione oppure del loro mantenimento con carburanti sintetici o biocarburanti, di quanto si debbano incentivare e per quanto a lungo le rinnovabili, se esse debbano essere soggette a un tetto dei prezzi oppure quanto la transizione debba essere veloce a discapito magari del potere d’acquisto delle famiglie e della competitività dell’industria. Anche la sicurezza energetica è un tema in continua evoluzione. Il gas non arriva più dalla Russia, ma arriva anche dall’altra parte del canale di Suez. I pannelli solari più economici e innovativi arrivano dalla Cina che domina il mercato mentre le sue esportazioni di auto elettriche nei primi due mesi dell’anno salgono del 30%. Oppure ci si interroga sulla competitività dell’Europa nella produzione di idrogeno e sull’ingente consumo di acqua che essa richiede.
Non ci sono soluzioni facili e, soprattutto, non ci sono standard definiti. È questa la ragione profonda di una strategia che punta ad aumentare la produzione di idrocarburi del 2% all’anno (al netto delle cessioni) e a raddoppiare la capacità rinnovabile in quattro anni, a duplicare il numero di colonnine elettriche e di capacità di bioraffinazione. Non c’è contraddizione se non dimenticandosi almeno una delle tre caratteristiche che deve avere l’offerta di energia (sicura, sostenibile ed economica). L’ultima sfida è raggiungere questo mantenendosi profittevoli e distribuendo dividendi a una platea di azionisti che include anche lo Stato italiano e moltissimi piccoli risparmiatori. Il dividendo 2024, in crescita del 6% sul 2023, raggiungerà la cifra rotonda di un euro a cui si aggiungono acquisti di azioni proprie per 1,1 miliardi di euro. È il frutto di una generazione di cassa robusta lungo tutto l’arco del piano.
Il piano presentato ieri conferma che Eni rimane un’azienda strategica per l’Italia e non solo. Forse, in anni meno complicati, ce l’eravamo dimenticati e speriamo di dimenticarcene di nuovo quando la sfida di un’energia sostenibile, economica e sicura tornerà noiosa. Nel frattempo Eni rimane centrale per un sistema-Paese che vuole conservare e, se possibile, aumentare il benessere raggiunto.
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