Ci sarebbe in atto tensione tra la procura di Brescia e quella di Milano. Secondo quanto trapela dal Corriere della Sera a nome di Luigi Ferrarella (e ripreso anche da Dagospia) infatti, il procuratore milanese Francesco Greco si sarebbe rifiutato di consegnare alla procura bresciana gli atti sulla trasferta in Nigeria che fece la sua vice, Laura Pedio, nel settembre 2019. Come ricorda il quotidiano, la procura di Brescia sta indagando sul suo vice Fabio De Pasquale in merito all’ipotesi che non abbia sottoposto ai giudici del processo Eni-Nigeria prove dell’inattendibilità dell’accusatore Vincenzo Armanna.
Secondo Greco questa rogatoria nigeriana del 2019 sarebbe coperta da segreto in quanto sta nell’indagine milanese attualmente aperta sul cosiddetto complotto Eni e dunque solo la Nigeria potrebbe eventualmente autorizzarne l’uso. Ma Francesco Prete, collega bresciano, avrebbe replicato che le cose non starebbero affatto in questo modo, smentendo di fatto Greco.
CASO ENI-NIGERIA: SCONTRO TRA PROCURE
Il procuratore di Brescia Francesco Greco, oltre ad aver sottolineato il suo disaccordo starebbe cercando l’interrogatorio del teste Mattew Tonlagha – “suggerito nel 2019 da Armanna ai pm milanesi a riscontro delle proprie accuse a Eni”, scrive il Corriere – al fine di verificare se lo stesso Armanna avesse o meno “indottrinato” il teste il giorno prima. Il collega milanese Greco, ad ogni modo, non avrebbe alcuna intenzione di cedere al punto da aver scritto al ministero della Giustizia una lettera nella quale chiede alla struttura della Guardasigilli Cartabia di rivolgersi direttamente alla Nigeria al fine di capire se è o meno intenzionata a consegnare la rogatoria ai pm di Brescia. A quanto pare, scrive ancora il quotidiano, il Ministero avrebbe già inviato apposita missiva con tanto di richiesta alla Nigeria mettendo così in attesa i pubblici ministeri bresciani.