L’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha concesso una lunga intervista al Sole 24 Ore pubblicata ieri, che per la quasi totalità ha riguardato domande e risposte “di repertorio” con una particolare attenzione al tema del giorno della “green economy”. Nel mezzo di questa intervista è comparsa una strana domanda in cui l’intervistatore ha chiesto conto a Descalzi del fatto che “da anni Total abbia Eni come obiettivo”. Noi, per esempio, non sapevamo che questa volontà fosse così pubblica, ma comprendiamo che certe cose non siano, a questo punto, neanche da specificare vista la presenza francese in così tante aziende strategiche italiane. Segnaliamo l’ultima “puntata” sulle saline più grandi d’Europa vendute da una banca controllata dal Governo italiano e salvata con i soldi degli italiani a una società francese.



Insomma, è già strano che una domanda di questo tipo faccia la sua comparsa in questo modo e venga presentata come un tema di cui non dovremmo essere particolarmente sorpresi. Quello che colpisce è la risposta di Descalzi: “Non so se Total o altre compagnie sono interessate all’Eni. Di sicuro, senza il via libera del Governo italiano, nessuno potrà toccarci”. In un mondo normale l’ipotesi di una cessione di Eni da parte del Governo italiano non sarebbe neanche contemplabile. Il giorno in cui l’Italia vende l’Eni, tanto più alla Francia, è il giorno in cui conviene tirare giù la saracinesca di quello che resta del Parlamento italiano e iscriversi a un corso di francese. In questa fase siamo particolarmente preoccupati per tre ragioni.



La prima è che l’Italia continua imperterrita a concepire come unico orizzonte possibile quello di un europeismo ormai folle e che ha come unica conclusione possibile lo sfascio economico italiano e la colonizzazione da parte del centro franco-tedesco; un centro gestisce le istituzioni comunitarie e le condiziona verso un’Italia sempre più ricattabile in un’austerity perpetua. Anche in questa fase; anche quando è ormai chiaro che i rapporti “euroatlantici” così come li abbiamo conosciuti dal 1989 non sono più proponibili. Il ricatto finale, lo scalpo finale, a un’Italia che con questa finanziaria si infligge una recessione paurosa, inutile e senza senso è il gioiello della corona e l’ultimo barlume di sovranità reale: Eni.



La seconda è che oggi c’è la scusa perfetta degli investimenti ormai non più procrastinabili in economia verde con il vecchio, sporco e cattivo rappresentato da petrolio e gas. Osserviamo che non c’è una sola economia seria che oggi voglia distruggere il suo sistema industriale sposando in modo cieco questa rivoluzione. In Germania, tanto per dire, si brucia ancora, a tonnellate, la legnite. I più svegli di tutti sono i francesi che fanno le guerre, anche all’Italia, per gli interessi della Total e si tengono strettissime le centrali nucleari. L’investimento in economia verde, che oggi non ha alcun senso economico, può essere fatto solo sussidiandolo con petrolio, gas e nucleare.

La terza ragione è che c’è il partito perfetto per dare il colpo mortale. È il Movimento 5 Stelle che farà chiudere l’Ilva, che manda in carcere evasori in un Paese in cui persino un pensionato fa fatica a capire quali tasse si debbano pagare e che cavalcherebbe, magari, la corruzione in certi settori. In un mondo dove in Italia si fanno inchieste che non si farebbero da nessuna altra parte e poi i nostri “competitor” passano a raccogliere quello che rimane a prezzi di saldo.

È proprio necessario passare per questa lenta agonia? Non possiamo votare l’annessione alla Francia ovviamente dopo una patrimoniale da capogiro? Almeno ci risparmio l’orrore. In alternativa, che è l’unica che ci è davvero rimasta, bisognerebbe chiedersi di chi questo Paese che ha voluto suicidarsi convenga a questo punto fare la colonia. Per quanto ci riguarda, gli amici franco-tedeschi vengono alla fine della lista.