Un quotidiano ha messo in prima pagina la fotonotizia di Ennio Doris al passo d’addio fianco a fianco con una di pari rilievo di Gianni Agnelli a cent’anni dalla nascita. Due figure certamente certamente diverse quelle dell’Avvocato e del più innovativo dei banchieri italiani: ma non proprio di peso così diverso nella storia finanziaria del Paese. E non è solo questione di posizione nella classifica dei super-ricchi globale (dove Doris è comunque entrato stabilmente da tempo, prototipo dell’imprenditore self made man italiano come Leonardo Del Vecchio e com’è stato Bernardo Caprotti).



Se la Fiat  dopo 122 anni non c’è più e non c’è più un Agnelli alla guida di quella che resta la prima dinastia del capitalismo nazionale, Mediolanum (nata come Programma Italia 39 anni fa) è tuttora battistrada fra le new banks europee (in Italia anzitutto Fineco e Banca Generali) “clonate” sulla “banca attorno al cavalier Ennio”. Il quale la lascia ora nelle mani della seconda generazione incarnata dal figlio Massimo. Un successore allevato da due decenni nell’azienda di famiglia, come si usa tuttora nel Nordest di cui Doris è figlio a 98 carati e che deve peraltro all’imprenditore finanziario di Tombolo la scoperta pionieristica della gestione attiva del risparmio offerta a tutte le famiglie con strumenti nuovi. Una specie di Elon Musk dei servizi finanziari alle persone, Doris, che ha saputo sempre far valere la differenza con altri stregoni della finanza – ma anche con altri blasoni bancari – comparsi e spesso presto scomparsi dal mercato.



Uno dei tanti primati esclusivi di Doris è l’essere da quarant’anni – tuttora – l’unico socio in affari alla pari con Silvio Berlusconi (anzi: con il Cavaliere socio finanziario di Mediolanum “costruita attorno ai Doris”). Ed è difficile dire quanto l’uno abbia dovuto all’altro nel rispettivo successo (entrambi straordinariamente immortalati assieme dallo stesso Toni Servillo nel film “Loro” dell’Oscar Paolo Sorrentino).  Forse dovranno scomparire entrambi – Silvio ed Ennio – perché gli studiosi identifichino e approfondiscano un periodo della storia italiana che è stato “di Berlusconi e Doris”: al termine del quale, non per caso, il patron di Mediolanum era stato chiamato nell’azionariato “di peso” di Mediobanca nel delicatissimo periodo di trapasso fra il fondatore Enrico Cuccia e il successore, assai meno longevo, Vincenzo Maranghi.



E a proposito: chissà se a Mediobanca qualcuno rimpiange di non aver fatto sposare le Generali a Mediolanum, oggi che il Leone è assediato da Del Vecchio e Caltagirone. Certamente si avvia a una “terza età” più serena l’81enne Doris: sempre che, naturalmente, qualcuno non lo chiami in campo per trovare una soluzione strategica anzitutto nell’interesse dell’impresa di Trieste (e forse anche del sistema-Paese). Perché questi tre valori – quelli dell’impresa, quelli del risparmio “per il futuro” e quelli dell’Azienda-Italia – Doris li coltiva da 60 anni, da quando faceva il bancario nell’Alta Padovana ed era convinto che quel lavoro si potesse fare meglio. Lui lo ha fatto sicuramente meglio.   

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