Il Maestro per eccellenza, un uomo che ha scritto pagine importanti della storia della musica e del cinema con un unico obiettivo: creare bellezza. Ennio Morricone se n’è andato il 6 luglio del 2020, ma il suo genio resta, immarcescibile e imperituro. Il documentario “Ennio” di Giuseppe Tornatore, distribuito da Lucky Red in collaborazione con TIMVISION, ci consente di ribadire il ruolo nodale del compositore capitolino nella storia della settima arte italiana e non.
Morricone, infatti, è riuscito a trasformare la musica per il cinema in musica alta, un solco tracciato abbattendo la dicotomia tra colonna sonora e musica accessibile a tutti: le sue creazioni hanno dimostrato che le note possono vivere da sole, a prescindere dall’immagine. Ma non solo. Pur allontanandosi dal senso dell’inquadratura, ha sempre saputo fornire un contributo eccelso alla rappresentazione visiva grazie all’innata capacità di adeguare il suo talento camaleontico a richieste e occorrenze diverse. Tra genialità, vocazione e semplicità, le produzioni musicali di Morricone non hanno mai rappresentato un elemento di disturbo nei film, bensì sono state in grado di amplificare il coinvolgimento dello spettatore, fornendo alla narrazione una maggiore ricchezza emotiva. Un’esperienza sensoriale, semplicemente.
Da Sergio Leone a Quentin Tarantino, passando per Oliver Stone e Terrence Malick, fino a Giuliano Montaldo e Bernardo Bertolucci: tanti grandi registi hanno avuto l’onere e l’onore di collaborare con Morricone, traendo il meglio dalle sue invenzioni. Una grandezza incontrovertibile valorizzata solo marginalmente dall’Academy, purtroppo: l’Oscar onorario del 2007 e l’Oscar alla miglior colonna sonora per “The Hateful Eight” non rendono giustizia alla sontuosità dei suoi lavori.
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