La notizia, riportata quest’oggi sulle colonne de “Il Messaggero”, potrebbe rappresentare una svolta significativa nella lotta contro il Coronavirus e costituire un valido strumento a disposizione dei malati per sopravvivere, nei casi più gravi, al Covid-19. Il quotidiano romano spiega che “l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) oggi darà il via libera all’uso della enoxaparina, un farmaco antitrombotico finora utilizzato solamente per la prevenzione delle forme tromboemboliche“, dopo l’ottenimento dell’autorizzazione per il suo impiego nella cura dei pazienti da parte di Pierluigi Viale, direttore dell’unità operativa Malattie Infettive dell’ospedale “Sant’Orsola-Malpighi” di Bologna, e Filippo Drago, a capo dell’unità operativa di Farmacologia clinica del policlinico di Catania. Come dichiarano i due scienziati, “noi siamo fortemente convinti che le persone muoiano non tanto per insufficienza respiratoria grave, ma più frequentemente per una embolia polmonare, una patologia tromboembolica, una coagulazione intravasale. Tutte patologie gravi acute mortali, che si verificano per un danno endoteliale che l’enoxaparina può prevenire”.
ENOXAPARINA, FARMACO CONTRO IL CORONAVIRUS? DUBBI SULLE DOSI
L’enoxaparina, farmaco antitrombotico, potrebbe dunque essere un fastidioso nemico per il Coronavirus, in quanto, come riferito a “Il Messaggero” da Viale e Drago, “è dimostrato che il virus si lega all’eparina circolante e la inattiva. Ne deriva quindi la tendenza da parte dei pazienti ad avere trombi e coaguli, per cui è necessario supplementare dall’esterno con l’enoxaparina quella quota di eparina che noi abbiamo fisiologicamente e che serve a mantenere il sangue liquido”. L’unico punto sul quale i due professionisti si trovano leggermente in contrasto con le disposizioni dettate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità riguarda le dosi consigliate: basse per l’OMS, medio-alte secondo i medici. “Vogliamo dimostrare che il farmaco può risolvere le acuzie nel Covid-19 e la dose bassa non sarebbe efficace”. Di fatto, hanno aggiunto i due professori, le dosi minime vengono somministrate a chi deve prevenire fenomeni legati all’allettamento, mentre, in questa specifica circostanza, la necessità è evidentemente un’altra: salvare vite e arginare il virus.