Enrico Fagone, direttore d’orchestra, è l’altro pezzo d’Italia, oltre ai Måneskin, nel novero delle nomination per i Grammy Awards (sezione “Best classical compendium”). In un’intervista concessa al quotidiano “La Verità”, Fagone ha confessato che, da ragazzo, aveva trovato rifugio nella chitarra: “Ero un tipo irrequieto e la scuola era un dramma. La faccia tosta non mi è mai mancata, così all’esame portai un brano dei Metallica, spacciandolo per mio. La commissione non si accorse di nulla, ma mi spiazzò: ‘Se vuole qui c’è un posto per lei… nella classe di contrabbasso’. D’istinto rifiutai, poi mio padre mi convinse a provare. Alla fine le chitarre sono finite in cantina e il contrabbasso non l’ho più abbandonato”.



Merito anche del suo maestro, Leonardo Colonna, che ha letteralmente aperto un nuovo mondo e indicato la via a Enrico Fagone: “Al nostro primo incontro mi ha guardato la mano. Mi ha detto: ‘Vedo già che hai molto talento. Se mi ascolti, farai una bellissima carriera’. Ero il suo unico allievo per cui facevamo lezione sempre, suonavo anche 12 ore al giorno. Poi, dopo il diploma, mi sono perfezionato con una serie di mostri sacri, come ad esempio Franco Petracchi”.



ENRICO FAGONE, DIRETTORE D’ORCHESTRA NOMINATO AI GRAMMY: “MINA? PER LEI IL MICROFONO NON HA SEGRETI”

Sempre ai colleghi de “La Verità”, Enrico Fagone ha confessato che, a quel punto, si trasferì a Lugano per insegnare al Conservatorio della Svizzera italiana e lì avvenne l’incontro fondamentale con la pianista Martha Argerich, la quale lo notò e gli chiese di suonare con lei in giro per il mondo. Da quel momento, la sua carriera prese il volo, fino a portarlo sul podio del direttore d’orchestra: “Non credo sia un caso, questa esigenza è nata proprio mentre stavo diventando padre – ha rivelato Fagone –. È una sorta di maturazione: si passa dal concentrarsi sulla propria parte a una visione d’insieme”.



Infine, un aneddoto su Mina: La leggenda narra che con lei in studio sia sempre ‘buona la prima’. Nell’album ‘Todavia’, però, le ho visto ripetere un brano due volte e ho capito cos’è il genio”. Enrico Fagone, infatti, ha aggiunto: “Iniziamo, lei canta divinamente e va a riascoltare la traccia. Torna in sala e chiede di rifarla. La seconda volta resto deluso: mi sembrava meno convincente, la sentivo appena. Quando ho ascoltato il risultato finale ho imparato la lezione: non stava cantando per me, che ero a qualche metro, ma sapeva esattamente come fissare su disco l’idea musicale che aveva in mente. Il microfono per lei non ha segreti”.