Quante volte abbiamo sentito negli scorsi mesi, soprattutto a inizio pandemia, che il coronavirus ci avrebbe resi delle persone più buone e più umane? Moltissime fra opinionisti, personaggi famosi e semplici cittadini. Sembra pensarla però diversamente Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat ed ex ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta. Intervistato da Il Fatto Quotidiano ha spiegato: “Dopo il virus saremo più cattivi, impauriti e forse meno liberi. Anche la democrazia si basa sulla paura, ma una quantità modica. Quando aumenta oltre certi limiti le persone sono pronte a tutto pur di farsi difendere, anche a dar via la libertà”. Il professore dell’università Tor Vergata e della LUISS di Roma, ha aggiunto: “Quando le crisi si fanno ricorrenti il sistema diventa instabile e ci si avvicina a quelli che si definiscono ‘punti di non ritorno’ che “ci spiegano che le elezioni si vincono se non si parla solo alla ragione ma anche all’emozione”.
ENRICO GIOVANNINI: “I SOCIAL MEDIA METTONO IN CRISI IL FUNZIONAMENTO DELLA DEMOCRAZIA”
Enrico Giovannini prova quindi a spiegare la paura, prendendo ad esempio i social network: “I social media e la profilazione degli elettori grazie ai big data – le sue parole sempre rilasciate durante un’intervista a Il Fatto Quotidiano – mettono in crisi il funzionamento stesso della democrazia perchè riescono a manipolare in modo puntuale, persona per persona, l’emozione. Il politico che usa il social può riuscire invece a inoculare nel corpo elettorale una motivazione estranea all’autonoma elaborazione: così facendo induce i cittadini a domandare soluzioni ai problemi scelti dal politico”. Così facendo accade la ‘magia’: “Una questione in sè speciosa o solo propagandistica – prosegue Enrico Giovannini – diverrà un tema sentito e popolare e guarda caso il politico appare come quello che ha proprio la soluzione di quel problema”. Nella giornata di ieri lo stesso Giovannini, in occasione del Festival dello sviluppo sostenibile, organizzato dall’ASviS l’Alleanza per lo sviluppo Sostenibile, aveva invitato l’Italia ad una riflessione sul Recovery Fund: “L’impostazione che lega resilienza e sostenibilità, come definita dall’Agenda 2030 e dalle recenti linee programmatiche dell’Unione europea, deve essere recepita nel Piano che il governo sta preparando. Ma pensare che la trasformazione del nostro Paese possa essere realizzata usando solo le risorse del Next Generation EU sarebbe un errore”.