Un Enrico Letta sempre più europeista spinge forte sulla possibilità che il Recovery Fund – che a detto del consigliere economico della Merkel non arriverà prima del 2021 – possa essere gestito non dagli Stati stessi ma direttamente dall’Unione Europea per «cambiare l’idea che si ha dell’Europa». Nell’intervista a La Stampa di oggi, l’ex Premier Pd indica la rotta facendo intendere le intenzioni che la stessa Commissione Ue sembrerebbe in procinto di annunciare: «Sia la Ue a gestire il Recovery Fund, non gli Stati. […] I fondi che si stanno negoziando in Europa non vengano distribuiti dai singoli Stati: sia direttamente Bruxelles a metterli nelle tasche di cittadini e imprese». Secondo la visione del politico-professore oggi stabilmente a Parigi, l’auspicio è quello di invertire la “visione” che si ha del complesso apparato europeo per poter rilanciare l’Ue dopo la crisi Covid che finora ha fatto emergere molti più lati negativi che non positivi dell’appartenere all’Eurozona: «c’è uno scarto impressionante tra quello che sta facendo l’Europa e la percezione dei cittadini: secondo i sondaggi, molti credono che ci stiano aiutando più Cina e Russia, con qualche milione di euro, dell’Unione europea che sta mettendo miliardi. La gente deve percepire – ribadisce sempre Letta – che le risorse che ci aiuteranno a ripartire sono targate Ue».



ENRICO LETTA “BISOGNA CAMBIARE L’IDEA CHE SI HA DELL’EUROPA”

Se dunque non fossero gli Stati membri dell’Europa a gestire i fondi del Recovery Plan dei prossimi mesi ma direttamente la Commissione Europea allora potrebbe variare anche la percezione diretta che i cittadini avranno nei prossimi anni di cosa sia l’Unione Europea. Enrico Letta chiede dunque un “cambio di prospettiva” immediata: «rischia di non passare, e che anzi l’Europa ne abbia un danno di immagine. I politici nazionali si intesteranno i meriti, e faranno il solito gioco di individuare nell’Europa il capro espiatorio: ‘Vi avremmo dato di più, ma non possiamo per colpa della Ue’. Scopriamo questo bluff». Per l’ex premier dem lo sforzo della burocrazia europea sarà quella di non “presentarsi” come peggiore di quella italiana, anzi: «Bisogna costruire un meccanismo per la gestione dei fondi come fu l’Erasmus per lo studio: evoca l’Europa appena se ne pronuncia il nome».



In mezzo però non va dimenticato ci sono i Paesi “frugali, quelli del Nord più l’Austria che promettono battaglie sul Recovery Fund per ottenere non fondi diretti ma prestiti-mutui con riforme da chiedere in cambio dei finanziamenti: «Austria, Danimarca, Olanda e Svezia? Devono essere consapevoli delle loro dimensioni: solo due – Austria e Olanda – sono nell’euro, e due su 19 sono una piccola minoranza. Non si può fermare tutto per l’avarizia di due Paesi», ammette Letta che conclude poi la sua intervista a La Stampa con ragionamento ad ampio raggio sul piano di Francia-Germania per quei 500 miliardi di euro di Recovery Fund, «quel piano è fondamentale nel metodo: si creano gli eurobond senza chiamarli così. Quando la Germania dà il via libera a bond garantiti dalla Commissione, si mutualizza il debito futuro. E’ un passo avanti della Merkel gigantesco». A stessa domanda ieri di Repubblica, il consigliere economico Lars Feld non la pensava però esattamente così: «L’unica vera svolta è che vi siano accordi sui trasferimenti dei soldi», ma sulle condizioni è ancora tutta da giocare la partita europea.