Enrico Lucci, giornalista e inviato di “Striscia la Notizia”, è intervenuto sulle colonne del “Corriere della Sera”, parlando a ruota libera di sé, della sua estrazione politica e della sua professione. Innanzitutto, Lucci ha detto che “fascista è il termine peggiore che chiunque mi possa rivolgere, perché racchiude insieme un’idea criminale e allo stesso tempo stupida. Il fascismo è tutto ciò che è contrario all’intelligenza”. Semmai, l’aggettivo che preferisce è “comunista”: “Non faccio il nostalgico, non è un cliché da intellettuali. Esser comunisti significa avere coscienza critica, analizzare le cose e capire da che parte stare. Non sono aggrappato a un’idea fissa del mondo: il mondo cambia continuamente, devi capire in che modo lo guardi. E un comunista lo vede con gli occhi della ragione”.



Enrico Lucci lavora per Mediaset, che “è piena di comunisti, è risaputo. Si lavora dove c’è il lavoro, la libertà la trovi dappertutto, la trovi in un’azienda privata oppure in un’azienda pubblica, ma non te la regala nessuno. Striscia? È sempre stata una realtà che mi interessava, a me simile, mi sono ritrovato con persone con cui ho una affinità ideologica televisiva; il cervello di Ricci mi sembrava un buon mare in cui poter navigare. L’ho chiamato e gli ho chiesto: te serve uno? In due ore si è sviluppata una spirale di entusiasmo ed eccomi qua”.



ENRICO LUCCI: “I CELLULARI? FINO A DUE ANNI FA NON AVEVO NEPPURE WHATSAPP”

Nel prosieguo del suo intervento sul “Corriere della Sera”, Enrico Lucci ha detto che detesta l’immagine del contestatore, del giustizialista, del provocatore: “Io prima di fare una domanda penso bene a quello che devo dire. La domanda deve andare al centro di quello che a me sembra un problema, un tema da sviscerare. Non sopporto l’aggressività per se stessa, la provocazione per provocare, ci deve essere sempre un motivo che io ritengo giusto per rompere i c*glioni a qualcuno”.



Il suo rapporto coi social? “Hanno elementi positivi, mettono in contatto le persone. Noi ragioniamo con le nostre vite ricche, intessute di conoscenze e di rapporti, ma se vedo me 40 anni fa ad Ariccia mi sarei fiondato su qualunque social pur di conoscere un po’ di f*ca. Il dramma è che sono diventati la fogna di ogni cattiveria e rancore, sono esibizione del nulla. I cellulari? Li rinnovo solo quando non funzionano più, adesso da due anni ho pure WhatsApp. ma solo perché mi ero rotto le scatole di tutti quelli che mi chiedevano perché non ce l’avessi”. Il servizio di cui va più fiero è quello in cui “feci rinnegare Mussolini a Fini, allora potente capo della Destra italiana. L’aveva definito il più grande statista. Gli sono stato talmente addosso che alla fine è caduto: ‘No, non lo ridirei più’. Per uno come me è stata una medaglia”.