Per quanti tentativi si facciano per sottrarsi alla barbarie mediatica; per quanti voti di silenzio si esprimano pur di non continuare ad alimentare polemiche sterili; per quanti sforzi si facciano per cercare di ricostruire una memoria condivisa in questo bizzarro Paese si è costretti a commentare episodi balzani come quello che riguarda il comico Enrico Montesano e la sua maglietta con lo stemma della Decima flottiglia Mas.
Giustamente Vittorio Sgarbi ha eccepito che il motto “Memento audere semper” è dannunziano e non ha nulla a che fare col fascismo: tuttavia in tempi di “cancel culture” salterà fuori qualche buontempone intenzionato a spianare il Vittoriale.
Il problema è che, sulla maglietta di Montesano c’era lo stemma della Decima con tanto di teschio con la rosa in bocca e questo stemma era indubbiamente della Repubblica Sociale. Che ai funzionari Rai sia sfuggito questo particolare non deve stupire più di tanto: chi è che, oggi, sa qualcosa della Decima Mas? Certo non Michele Serra che, su “Repubblica” attua un paragone osceno con il gruppo Wagner, dimenticando che il paragone più calzante è con la Legione Muti. Ma tanto chi se ne frega di questi dettagli, vero Serra?
Che poi la Decima flottiglia Mas sia stata insignita di medaglia d’oro al valor militare con provvedimento del 10 giugno 1943, quindi prima dell’esistenza della Repubblica Sociale; che decine di suoi appartenenti siano stati decorati al valore durante la guerra e che abbiano poi combattuto con l’esercito monarchico e gli Alleati: ebbene, tutto ciò che vuoi che importi a questa sinistra che si attacca all’antifascismo come l’asmatico all’inalatore?
Certo è che indossare quella maglietta denota più sprezzo del ridicolo che del pericolo: perché quell’insegna ricorda le tante atrocità commesse e anche subite dai reparti di fanteria della Decima durante la lotta antipartigiana. E se Montesano, per scusarsi, si fa un selfie con la foto di un eroico criminale (il che non è un ossimoro perché qualità e disvalore non si annullano a vicenda) come Ernesto Che Guevara, allora la toppa è peggiore del buco.
Per cui come se ne esce da questo letamaio? Innanzitutto conoscendo la storia di quel reparto per il quale si consiglia la visita al museo navale di La Spezia. E poi, a livello di modesta proposta, adottando come codice personale (nella vita quotidiana, sul lavoro, in famiglia) questo decalogo della Decima redatto all’inizio del 1943 e che indica il sacrificio di sé come la strada per l’autorealizzazione, simile in ciò a quanto disse André Gide di Antoine de Saint Exupéry “La felicità dell’uomo consiste nell’adempimento del proprio dovere”.
Decalogo della X Flottiglia M.A.S. nella Regia Marina
1) Stai zitto
È indispensabile mantenere il segreto anche nei minimi particolari e con chiunque, anche con gli amici e parenti cari. Ogni indiscrezione è un tradimento perché compromette la nostra opera e può costare la vita a molti dei nostri compagni.
2) Sii serio e modesto
Hai promesso di comportarti da Ardito. Ti abbiamo creduto. Basta così. E’ inutile far mostra della tua decisione con parenti, amici, superiori e compagni. Non si fa, di una promessa così bella, lo sgabello per la tua vanità personale. Solo i fatti parleranno.
3) Non sollecitare ricompense
La più bella ricompensa è la coscienza di aver portato a termine la missione che ci è affidata. Le medaglie, gli elogi, gli onori rendono fieri chi li riceve per lo spontaneo riconoscimento di chi giudica, non chi li sollecita o li mendica.
4) Sii disciplinato
Prima del coraggio e dell’abilità ti è richiesta la disciplina più profondamente sentita: dello spirito e del corpo. Se non saluti, se non sei educato, se non obbedisci nelle piccole cose di ogni giorno, se il servizio di caserma ti pesa e ti sembra indegno di te, se non sai adattarti a mangiare male e dormire peggio: non fai per noi.
5) Non aver fretta di operare, non raccontare a tutti che non vedi l’ora di partire
Potrai operare solo quando il tuo cuore, il tuo cervello e il tuo corpo saranno pronti. Se sei impaziente, non sei pronto. Devi imparare a conoscere perfettamente la tua arma e ad impiegarla in ogni contingenza in maniera perfetta. L’addestramento non è mai eccessivo. Devi appassionarti ad esso. Devi migliorarti ogni giorno. Solo chi ti comanda è giudice insindacabile delle tue possibilità.
6) Devi avere il coraggio dei forti, non quello dei disperati
Ti sarà richiesto uno sforzo enorme, solo al di là del quale sta il successo. Per compierlo, hai bisogno di tutte le tue energie fisiche e morali. La tua determinazione di riuscire ad ogni costo deve perciò nascere dal profondo del tuo cuore, espressione purissima del tuo amore per la Patria, e non deve essere il gesto di un disperato, di un mancato o di un disilluso. La tua vita militare e privata deve essere perciò onesta, semplice e serena.
7) La tua vita è preziosa. Ma l’obbiettivo è di più prezioso
Devi ricordartelo nel momento dell’azione. Ripetilo a te stesso cento volte al giorno e giura che non fallirai la prova.
8) Non dare informazioni al nemico
Non devi far catturare le armi ed il materiale a te affidato. Se dopo aver operato cadi prigioniero, ricordati che al nemico devi comunicare solo le tue generalità e il tuo grado.
9) Se prigioniero, sii sempre fiero di essere italiano, sii dignitoso
Non ostentare la tua appartenenza ai Mezzi d’Assalto. Cerca, nelle tue lettere ai familiari, di comunicare come meglio potrai e saprai, tutto quanto conosci dell’azione a cui hai partecipato e sul nemico in genere. Cerca sempre, se possibile, di fuggire.
10) Se cadrai mille altri ti seguiranno; da gregario diventerai un capo, una guida, un esempio.
P.S. Lo stemma del teschio con la rosa in bocca è nato da un’idea del comandante Salvatore Todaro, le cui imprese e la cui umanità sono già state narrate in queste pagine. Todaro (una medaglia d’oro, tre d’argento e due di bronzo) voleva un distintivo che rendesse l’idea di come morire in battaglia fosse una cosa dolce e profumata. Quel Todaro di cui adesso si sta girando un biopic, con Pierfrancesco Favino come protagonista e che rende giustizia a un italiano di cui tutti dovrebbero essere orgogliosi. Tutto questo a meno che non si voglia seguire il comandamento oggi più in voga in Italia: Memento gaudere semper.
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