Enrico Ruggeri si racconta in una lunga intervista concessa a “La Stampa” e l’occasione diventa propizia per raccontare della propria carriera, del modo di interpretare la musica e la vita, concetti che spesso e volentieri coincidono. Il cantautore riflette a partire dalla canzone scritta col figlio Pierenrico (in arte Pico Rama):”Pico aveva la musica, quasi tutta, e una sola frase: “La paura che mi prende parte dal profondo di me”. Il resto è mio. Sì, è curioso scrivere un pezzo con un figlio che ha 33 anni meno di te e parlare della fase avanzata della vita. Forma 21, sull’album, parla di quello, della morte. Quando morì suo marito Lou Reed, Laurie Anderson scrisse su Twitter: “È morto mentre faceva la forma 21 del tai chi, le sue mani andavano verso il cielo e ho letto in lui un’espressione di stupore”. Anche a me è capitato di assistere una persona negli ultimi attimi e vedere stupore. Sì, nulla avrebbe senso se non ci fosse il pensiero di un altrove. Perché tutti cercano di lasciare qualcosa di sé? In un mondo così ingiusto, peraltro, in cui uno muore a tre anni, l’ altro a 90, uno nasce miliardario e l’ altro senza nulla da mangiare. Qualcosa dopo succede”.
ENRICO RUGGERI, BORDATA A GIANNI MORANDI
Nell’intervista rilasciata a La Stampa, Enrico Ruggeri guarda al passato e ammette:”Nei rapporti di lavoro mi sono fidato eccessivamente. Ma è la storia del 90% dei cantanti: se hai la sensibilità per scrivere canzoni è difficile che tu sia un uomo d’ affari. C’ erano anni in cui sarebbe stato meglio fare venti palasport e poi sparire. Quando ho vinto Sanremo con Mistero ho fatto 180 concerti. Il fatto è che sul palco mi diverto, ho un entusiasmo perfino eccessivo. Ci sono salito su 3500 volte. Tante, anche in 40 e più anni di carriera”. Ruggeri ha l’abitudine di annotare tutto su un diario:”L’ho fatto finora, perché smettere? Niente di speciale: torno a casa e mi segno i pezzi fatti”. Un vezzo in comune con Gianni Morandi, ma Ruggeri ci tiene a precisare:”Sì, lui tiene il diario e anche la contabilità, io quella no”. Ce n’è anche per gli artisti contemporanei:”Un tempo era la norma, oggi nessuno sa chi è il chitarrista di Mengoni o il bassista di Tiziano Ferro. Un tempo se ti piaceva suonare cercavi altri con cui farlo. Oggi suoni per diventare famoso. Non c’è urgenza di esprimersi. È rivalsa sociale. Non è che non c’ è niente, è che io non la ascolto. Il primo concerto della mia vita a 15 anni è stato Emerson Lake & Palmer, a vent’ anni andavo al Marquee per i Damned, ho visto dal vivo Paul McCartney, Bowie, Lou Reed, Yes, Genesis, King Crimson Non ho voglia di sentire i dischi di questi qua. Non è snobismo, semplicemente se vado a casa e metto su Selling England by the Pound sono più contento”.