Le discoteche tornano a riempirsi, gli stadi però restano senza tifosi e non possono ospitare neppure concerti. Il calcio però è ripartito, la musica dal vivo e il mondo dello spettacolo restano al palo. Le date sono a pubblico ridotto e con obbligo di prenotazione, ma nessuno fa nulla. «Durante le settimane di lock down c’è stata la solita corsa rassicurante a farsi vedere nel gruppo, nel flusso», dichiara Enrico Ruggeri a Tpi. Il riferimento è alla campagna #IoRestoACasa e a tutti gli eventi online e social che ne sono scaturiti. Il cantante non ne ha preso parte. «Non ho partecipato a questo circo, no». Non poteva farlo visto che la società «che si vuole vedere e raccontare come evoluta, ha deciso di barattare la libertà con la salute, o, peggio, con una rassicurante idea di salute». Parole forti quelle di Enrico Ruggeri, che però definisce ponderate: «Anche se mi trovassi in punto di morte per Covid-19 sarei disposto a ripetere quanto sto per dire». L’artista parla di una «dittatura che non è passata per un esercito ma attraverso una comunicazione di tipo vagamente terroristico».



ENRICO RUGGERI E LA DITTATURA DA COVID

Questa dittatura di cui parla Enrico Ruggeri si è servita dell’emergenza coronavirus. «Ci mettevano paura e poi ci offrivano la scappatoia per salvarci, rinunciare alla nostra libertà, appunto», spiega il musicista a Tpi. «L’emergenza è stata abbondantemente sfruttata a livello globale da chi ci guida e ci comanda per tenerci buoni e zitti sotto, e gli artisti, in questo, si sono ancora una volta dimostrati tutti molto impauriti e pronti a seguire la scia». Secondo l’artista i suoi colleghi avrebbero dovuto alzare la voce, una voce differente. Anche perché il fatto che siano rimaste ferme solo istruzione, cultura e spettacolo deve far riflettere. «Se affacciandoti alla finestra, durante il lock down, ti è capitato di vedere una ambulanza a sirene spiegate che procede con calma a quaranta all’ora in una strada deserta, magari, il dubbio che ci sia una volontà di terrorizzarci c’è». Ma Ruggeri usa parole dure anche nei confronti dei suoi colleghi, che da quando esistono i social anziché usarli per diffondere messaggi «hanno paura di dire la propria perché altrimenti perdono followers».



Quell’arte che dovrebbe essere sovversiva e porre domande ora ha perso queste caratteristiche per Enrico Ruggeri. «Nessuno ha provato mai a fare qualcosa per tutelare il nostro mondo prima, figuriamoci se ha senso farlo ora, che tutto sta crollando a pezzi». Qual è allora lo scenario, la prospettiva? Per il musicista accadrà quello che già si può intravedere all’orizzonte. «I grandi hanno il culo parato». E i piccoli? «Soccomberanno, ma tanto di loro non è mai fregato nulla a nessuno».

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