Oggi al Meeting di Rimini si svolgerà l’incontro “40 vite: La ricerca di senso di Enrico Ruggeri tra musica e letteratura” con l’artista e Massimo Granieri (sacerdote, critico musicale e scrittore), ci saranno delle letture e delle canzoni. Lo spunto è il libro uscito quest’anno. Oltre aver portato il punk in Italia, aver vinto Sanremo due volte, abbracciato musica a 360°, mai omologato alla cultura e musica del momento, Enrico ha scritto vari libri che non sono romanzetti.
Questa intervista è solo uno spunto con la prima domanda forse banale e con una risposta essenziale.
Perché vieni a Rimini?
Sono stato invitato al Meeting perché c’è una stima ed è un onore, un luogo di cultura in Italia dove c’è comunione nel senso di gestione dei rapporti in maniera comunitaria e affettuosa.
Il titolo del Meeting è una frase impegnativa tratta da un libro di Cormac McCarthy: Se non siamo alla ricerca dell’essenziale allora cosa cerchiamo?
Esatto. Il problema è che per l’uomo di oggi il concetto di essenziale è cambiato molto. Recentemente mi ha colpito molto l’intervista a un trapper che si lamentava perché affermava, a suo modo di dire, di aver vissuto un’infanzia difficile: Mia madre mi dava solo 150 euro alla settimana ed erano pochi. E si lamentava di questo. L’intervistatore era un po’ spiazzato e diceva che non erano pochissimi e lui rispondeva: Ma se devi andare nei locali, se devi fare cose importanti, non bastano. Per lui l’essenziale era qualcosa di superiore a 150 euro alla settimana e soprattutto di totalmente effimero e questo invece, teoricamente, per un artista dovrebbe portare a dei travagli interiori ben più profondi. Quindi, il problema è il concetto di essenziale oggi, perché cos’è l’essenziale? La macchina nuova, il vestito firmato e la vacanza in quel posto e nel 4 o 5 stelle non nel 2 stelle? Si è perso il concetto di essenzialità.
Mancano perciò i valori di fondo e per molti trapper manca la cultura musicale.
Ovviamente e per uno che fa musica e che è nato nel ’57, mi scuso, ma a me non interessa la musica che si sta facendo adesso. Ho ascoltato tanta musica di qualsiasi genere, ma erano dei giganti.
In un’altra intervista citavi le parole speranza e dolore.
Non puoi non associare il concetto di dolore e di speranza alla trascendenza, invece spesso è ridotto a minimi termini, alle piccole beghe di questo mondo, ma il concetto di dolore se tu lo associ a un disegno un pochino più complesso, allora diventa totalmente altro.
Al Meeting ritorni dopo trentasei anni, era il 1988 e cito una tua risposta ad una domanda fatta da giovani in quell’incontro: Credo che una delle cose che mi ossessioni di più e mi renda difficile essere sereno è il problema del tempo che passa, che scorre sempre più velocemente, più passano gli anni e più mi sembra che tutto vada eccessivamente in fretta.
Sono passati tanti anni, ne avevo 31, ed ero stato profetico, perché il fatto che il tempo passi rapidamente è una costante e soprattutto quando vai un po’ più avanti con gli anni questa sensazione è ancora più accentuata. Però la vita c’è e naturalmente il bagaglio di esperienze che hai, che vivi tra i 30 e i 60 c’è, la vita di mezzo, quindi ci sono, c’è tutto, le affermazioni professionali, le delusioni, i figli e sommovimenti affettivi. Cioè assolutamente tutto, ma credo sia normale ed è tutto materiale se vuoi scrivere delle canzoni.
Il tuo libro uscito quest’anno, 40 vite (senza fermarsi mai), è di fatto questo, un racconto, la tua biografia musicale in 40 anni di carriera, di fatto la tua vita.
È un libro che ha varie tipologie di lettori perché c’è il fan che vuole sapere perché io ho fatto e scritto quel disco, dov’ero quando ho scritto una canzone e poi ci sono quelli che vogliono sapere cos’era fare un disco in quegli anni, com’era il mondo della musica in quel periodo. Quindi, in realtà ci sono varie chiavi di lettura.
Mi ha molto colpito che a un certo punto hai iniziato a scrivere libri: come son nati?
Molti spunti sono usciti da mancante canzoni da sviluppare, ho scritto tutto ciò che rimaneva nella penna, perché lo scrivere una canzone è un bellissimo esercizio stilistico, però devi fare i conti con la metrica, la rima, la musicalità, la lunghezza della parola e la sintesi, quindi sicuramente molto resta fuori. Perciò da lì mi son nati dei libri.
Dicevi sempre in quell’incontro del 1988: Mi faccio delle domande e guardo quello che mi accade attorno attraverso una mia angolazione. Mi fa piacere quando gli altri si riconoscono nelle domande che io pongo. Secondo te, il domandare dovrebbe essere un aspetto continuo della vita?
Ecco, sì la vita è come dico io obbligatoriamente fatta di domande da porsi e quindi di congetture da fare in base alle domande che hai.
Hai fatto anche televisione, che non è certo il massimo.
Si cerca di battersi dall’interno, io ho portato al sabato sera in prima serata De André e il grande cantautorato con Gli occhi del musicista, ho cercato di di cambiare le regole del gioco e il segreto è riuscire a divertire qualcuno, quindi più banalmente a fare ascolti e portando delle cose di peso diverse.
(Daniele Boschetto)
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