Ha scritto pagine importanti della commedia italiana insieme al fratello Carlo, ora Enrico Vanzina potrà celebrare la sua straordinaria carriera con il David di Donatello alla carriera. Tanti i ricordi e gli aneddoti condivisi nell’intervista al Corriere della Sera, ma un punto è chiaro: questo riconoscimento non rappresenta una rivincita contro tanti critici che storcevano il naso: “Questo mito va sfatato. In realtà ci apprezzavano. Solo una parte della sinistra era convinta che, siccome raccontavamo le vacanze a Cortina, la borghesia di via Montenapoleone, l’Italia di Craxi e Berlusconi, fossimo i cantori di quel mondo. Ora in compenso siamo di culto, leggono significati nascosti dove non ce ne sono”.



Gli inizi con il padre, i tanti set, fino al 1976 e a “Febbre da cavallo:” “A 12 anni andavo all’ippodromo delle Capannelle con Mario Camerini, vicino di casa, una strana coppia. Sapevo tutto di corse e cavalli. Tanti personaggi del film sono ispirati a gente che avevo incontrato davvero. Come “Dracula”, allibratore dai canini sporgenti. O “Palle sudate”, che per la tensione bagnava la patta dei pantaloni”.



Enrico Vanzina ripercorre la sua carriera

Il film del cuore di Enrico Vanzina è “Sapore di mare”: “Raccontavamo le estati a Forte dei Marmi degli anni Sessanta. Che poi molte scene per mancanza di fondi le abbiamo girate a Fregene, stabilimento Sogno del Mare, non se ne accorse nessuno”. Poi impossibile non citare un cult come “Vacanze di Natale”: “Lo scrissi a Capri. Quando lessi a Christian De Sica la scena di lui a letto con il maestro di sci, un messaggio forte, ai tempi, fu entusiasta”. Tra le tante frasi entrate nell’immaginario collettivo, la storica “E anche questo Natale ce lo siamo levati dalle…”: “La battuta è proprio mia, mi misi a ridere da solo”. Infine, l’aneddoto su “Vacanze in America”: “Lo sfizio di girare la scena della partitella tra romanisti e juventini alla Valle della Morte, dove Antonioni diresse Zabriskie Point”.

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