E se la pandemia Covid fosse solo l’inizio? A causa della crisi climatica potremmo avere entro il 2070 altri 15mila nuovi virus. A lanciare l’allarme è un team di ricercatori della University College di Londra e della Georgetown University di Washington DC che in uno studio pubblicato su Nature ha messo in correlazione il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, con il salto di specie dei virus da animali a uomo. Lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento dei mari, la perdita di salinità delle acque marine, nonché l’innalzamento della temperatura degli oceani nei prossimi 50 anni potrebbero causare lo sviluppo di 15mila nuovi virus con conseguenze inimmaginabili per gli esseri umani. Considerando quanto una sola pandemia è riuscita a fare, figurarsi cosa potrebbe accadere con altri virus letali.



Si tratta di uno dei primi lavori che prevede l’impatto del riscaldamento globale con incontri maggiori tra specie animali diverse e ulteriori occasioni di scambio di agenti patogeni moltiplicando così il rischio di trasmissione e di future pandemie. Per questo i ricercatori invitano governi e organizzazioni sanitarie a «investire nella sorveglianza dei patogeni e per migliorare le infrastrutture sanitarie». Lo scenario è apocalittico e quindi non confortante.



LO SCENARIO APOCALITTICO DELLA CRISI CLIMATICA

Ma le conseguenze del cambiamento climatico sono evidenti, infatti i governi di tutto il mondo sono allineati per contrastarli. D’altra parte, la politica fa meno di quel che afferma e ciò potrebbe non essere sufficiente per mettere un freno alla crisi climatica. Questo studio, però, secondo la studiosa Kate Jones, che si occupa di interazioni tra ecosistemi e salute umana all’University College di Londra, senza dubbio può aiutare a «comprendere il rischio futuro del cambiamento climatico e dell’uso del suolo sulla prossima pandemia che il genere umano dovrà affrontare». Dallo studio emerge, quindi, che gran parte della trasmissione dei nuovi virus avverrà quando diverse specie animali che vivono finora in habitat naturali diversi saranno costrette a muoversi verso altre aree per il surriscaldamento globale.



Non solo pipistrelli, noti serbatoi di virus, ma anche molte altre specie di mammiferi e uccelli. Questo potrebbe essere fatale. La ricerca evidenzia anche i luoghi più a rischio, cioè le aree più ricche e densamente popolate della Terra, a partire dall’Asia o il Sahel. «Supponendo che il pianeta si riscaldi di non più di 2° C al di sopra delle temperature preindustriali in questo secolo, il numero di incontri tra specie animali diverse in un unico habitat raddoppierà entro il 2070». Questo comporterà gravi rischi di focolai. In questo modo, entro il 2027 potrebbero emergere ben 15mila nuovi virus, contro i 10mila oggi in circolazione.