IL FIGLIO PAOLO RICORDA PAPÀ ENZO JANNACCI A 10 ANNI DALLA MORTE
«Enzo Jannacci era un perenne ragazzo che aveva scampato la seconda guerra mondiale e che bruciava dalla voglia di vivere»: così il figlio del grande Enzino, Paolo Jannacci, ricorda il papà a ormai 10 anni dalla morte del geniale cantautore milanese. Nel libro “Ecco tutto qui” il figlio scandaglia nei ricordi e nelle memorie di famiglia, incontrando amici e colleghi per provare a raccontare chi semplicemente era Enzo Jannacci. Il prossimo 29 marzo sono dieci anni esatti dalla scomparsa e nella recente presentazione del libro scritto con il giornalista Enzo Gentile alla Feltrinelli di Milano, Paolo Jannacci ricorda così il padre: «voleva sempre vivere esageratemente per poter ridere dei guai e raccontare le emozioni e la sofferenza dei più deboli».
Cardiologo, amico fraterno di Giorgio Gaber e con lui “partecipe” alla rivoluzione sul teatro-canzone anche se nella sua personale rivisitazione in stile “cabaret”: in realtà Enzo Jannacci era “semplicemente” un uomo innamorato della vita e per questo sensibilissimo alla disperazione e sofferenza che vedeva nella realtà davanti a lui. «Ognuno di noi può creare la sua visione può guardarsi dentro perché nelle canzoni di Jannacci viene lasciato quasi sempre uno spazio all’interpretazione, all’identificazione e all’immaginazione. – prosegue Paolo Jannacci – Io penso spesso, sbagliando, che la vita di un uomo si possa racchiudere in un album di fotografie, ma nella fotografia di Enzo Jannacci, ogni particolare ci rimanda ad altre vite, altre storie, altri personaggi che hanno dentro lo stesso Jannacci, ma al contempo si svincolano da lui per diventare persone migliori».
ELIO: “ENZO JANNACCI UN PATRIMONIO, MERITA MOLTA PIÙ CONSIDERAZIONE”
Secondo l’autore e psicanalista Massimo Recalcati, nelle canzoni di Enzo Jannacci la parola non è mai “vuota”, non è mai una “chiacchiera”, bensì «è parola piena, densa di significato: una parola poetica che sovverte il codice del linguaggio e diventa piena di significato». In questi giorni proprio per celebrare i 10 anni dalla scomparsa, Elio (Stefano Belisario) è in tour a Milano con il suo spettacolo “Ci vuole orecchio” dove ripropone canzoni e brani dell’opera jannaccesca.
Ironia della sorte, nel teatro dedicato all’amico Gaber (l’ex Lirico di Milano) Elio racconta quell’artista che tanti conoscono ma pochi in profondità: «Enzo era un patrimonio di tutti […] Jannacci tra i tanti meriti ha l’aver raccontato Milano dal punto di vista degli ultimi, degli emarginati, dei poveri, di chi ragionava in modo diverso dalla massa, e non tramite gli stereotipi della produttività, la fabbrichetta. La sua città contiene una dose di follia che ho sempre ritrovato, e senza neppure dover dire di un decennio o un altro. Aveva la dote dei grandi, non essere legato al tempo: quel che raccontava è vivo anche oggi, il che spiega perché vedo tanti giovani a questi spettacoli».
Rispondendo a chi ritiene tanto Enzo Jannacci quanto lo stesso Elio “poco seri” perché sono artisti che “fanno ridere”, il fondatore degli “Elio e le storie tese” racconta a “La Repubblica” «Le canzoni di Enzo Jannacci fanno spesso ridere e io chi mi ha fatto ridere lo considero quasi alla stregua di un santo, uno che mi fa stare bene. In chi fa ridere c’è tanta generosità e ringrazio chi ci riesce, anche in periodi così. È molto provinciale l’atteggiamento italiano di svalutare chi si dedica alla risata, e Enzo Jannacci in questo senso merita molta più considerazione. Anche per questo l’ho voluto portare sul palco».