Enzo Paolo Turchi è uno dei personaggi del mondo dello spettacolo che più conosceva Raffaella Carra. I due hanno danzato e lavorato assieme in numerosi show televisivi, e di conseguenza la notizia della morte della regina della tv, giunta come un pugno nello stomaco ieri pomeriggio, ha lasciato senza fiato il marito di Carmen Russo: «Al giornalista che mi ha dato la notizia, ho risposto in lacrime – racconta Enzo Paolo Turchi ai microfoni de IlMessaggero – sì, ho pianto. Avevo sentito Raffaella il mese scorso. Gentile, affabile, sorridente come sempre. Non mi aveva confidato niente. Ma lei era fatta così».



I due inventarono di fatto il famoso “Tuca Tuca”, brano e danza che divenne poi notissima in tutta Italia: «Che tempi! Canzonissima 1971. Eravamo a casa di Raffaella: lei; io come primo ballerino; Gino Landi, il coreografo; e Gianni Boncompagni che, tra l’altro, gestiva la sua immagine. Fu lui a lanciare l’idea: “Un ballo che tutti possano fare”. Il maestro Pisano compose la musica. Gianni il testo. Ma pochi conoscono un dettaglio divertente: il ballo, la canzone, dovevano intitolarsi “Tocca-Tocca”. Ma Pisano era sardo. Pronunciava “Tuca-Tuca”. E restò quel nome. Il numero doveva resistere una sola puntata». E invece… «Il successo fu tale che già a quella successiva venne addirittura Alberto Sordi a cantarlo e a danzare. Ed era un Sordi all’apice della carriera». Un ballo davvero da record quello di Enzo Paolo Turchi e Raffaella Carrà: «Siamo entrati nel Guinness dei primati. Non so più dove non l’abbiamo fatto. E fino a metà anni 90. Un tormentone, che resiste ancora oggi. Siamo in un altro mondo, ma io resto “il ballerino del Tuca-Tuca”. Così mi addita la gente. L’idea fu geniale, ma la gloria è frutto soprattutto di Raffaella. “Voi due siete fratello e sorella”, ci dicevano. Sì, ma il personaggio carismatico era lei. E quanto ci siamo divertiti!».



ENZO PAOLO TURCHI: “DI RAFFAELLA CARRA’ MI MANCHERA’ LA SUA PERSONALITÀ”

Al giornalista de Il Messaggero che gli chiede cosa la colpiva di più della Carrà, Enzo Paolo Turchi replica: «La personalità. Con il carisma si nasce. Nessuno può insegnarlo. Se ce l’hai, tutti ti seguono per anni. Mi sorprendeva la sua grande forza. Ho conosciuto tante donne, per lavoro, per affetto, ma come lei… nessuna. Forza, sicurezza e, nello stesso tempo, la fragilità di un’artista che ogni sera si metteva in gioco, in discussione, come una novellina. “Speriamo che stasera vada bene”, mi sussurrava dietro le quinte. E io: “Raffaella, ma scherzi?”. Oppure: “Ci sarà pubblico?”. Entravamo in scena e davanti a noi trovavamo cinque, diecimila persone pronte ad applaudire, ad amarla».



Grande professionista ma anche una grande amica, che però si “concedeva” a pochi: «Sapeva gestire come pochi la propria vita. Ad alcuni, di cui si fidava, donava l’amicizia: Iapino, Boncompagni, me…». E ancora: «Sorrideva sempre. Quando nacque Maria, la figlia mia e di Carmen Russo… eravamo già grandicelli… ci disse: “Bravi”. E, poi: “Peccato. Io non ho fatto in tempo». Ombre nella carriera e nella vita di Carrà? Enzi Paolo Turchi precisa: «La sua parabola artistica è stata così luminosa che non è giusto domandarsi se abbia sbagliato in qualche scelta oppure no». E cosa gli mancherà di più di Raffaella Carrà? «Io e lei in scena, mentre balliamo dimenticando ogni cosa».