Raffaele Della Valle, avvocato di Enzo Tortora, ha raccontato il caso di malagiustizia di cui è stato vittima il suo assistito quarant’anni fa in una intervista a Quotidiano Nazionale. “Era il 7 giugno 1983. Mi chiamò e mi disse ‘Non riesco a capire, sono impazziti. Mi accusano di cose assurde’. Era stato dato credito alle parole malefiche di Giovanni Pandico. Incredibile che si prestò fede a un soggetto pluricondannato, che i periti psichiatrici avevano definito un delatore condizionato da manie di protagonismo”, ha sottolineato.
Il detenuto lo aveva inserito in un elenco di presunti affiliati alla Nuova Camorra Organizzata. “Si agganciò alla storia di Domenico Barbaro, quello che aveva mandato dei centrini a Portobello, la popolarissima trasmissione di Enzo. Aveva scritto alla Rai, non direttamente a Tortora, lamentandosi che i suoi centrini non fossero stati messi in vendita. Per gli inquirenti i centrini erano una sorta di nome in codice per mascherare le partite di cocaina. Infine, anche Pasquale Barra si adeguò”.
Enzo Tortora, l’avvocato Della Valle ricorda il caso di malagiustizia: “Credettero a delle fandonie”
Enzo Tortora, come per mesi l’avvocato Raffaele Della Valle ha cercato di dimostrare, non aveva nulla a che vedere con l’organizzazione criminale. “Vennero credute fandonie, farneticazioni. La sua completa estraneità fu chiara dall’inizio. Ma ormai l’astronave era partita per la Luna e nessuno ebbe il coraggio di chiamarla. Non fu responsabilità dei soli pubblici ministeri. Più giudici appoggiarono questo scempio”, ha ricordato.
Soltanto a distanza di anni sarebbe emersa la sua assoluta innocenza. “Era un uomo di una cultura spropositata e con una grande moralità, era ineccepibile. Mentre preparavo i motivi di appello, mi diffidò dall’avanzare delle richieste subordinate. Disse ‘Guai a te se lo fai. Io devo essere assolto e basta’”. Ed è ciò che accadde, sebbene soltanto il 15 settembre 1986, a distanza di tre anni dalle prime accuse e dopo avere trascorso sette mesi in carcere.