Sono trascorsi oltre 30 anni dalla morte di Enzo Tortora. Quello che oggi è ricordato come uno dei casi di malagiustizia più noti dell’Italia degli anni ’80 del secolo scorso, è stato per anni oggetto di discussioni. Enzo Tortora – che questa sera verrà ricordato nella nuova puntata di Techetecheté – venne accusato di associazione camorristica e traffico di droga. Ciò diede il via ad un lungo iter di indagini che portò a testimonianze, successivamente scoperte mendaci, che lo incastrarono. Il celebre conduttore di “Portobello” fu quindi arrestato nel 1984 e – dopo 7 mesi di reclusione in carcere – venne condannato a dieci anni di prigione. Due anni dopo la giustizia riconobbe la totale estraneità di Tortora rispetto alle azioni criminali di cui lo si accusava, così venne assolto. Nonostante questo, ciò che questo episodio causò alla sua vita privata e soprattutto professionale fu terribile: da notizie false ad accuse di vario genere, Tortora venne massacrato.



Enzo Tortora e quella confessione della figlia Gaia

Dalla parte di Enzo Tortora si schierò Enzo Biagi che, prima dell’assoluzione del conduttore, ebbe modo di intervistarlo. In quell’occasione tenne a ribadire che: “Fino all’ultima sentenza, per la nostra Costituzione, stiamo parlando di un innocente. Invece in ogni caso, è già un condannato: dalle riprese televisive, dai titoli di giornali, dalla vignetta del pappagallo che finalmente parla e dice: Portolongone“. Di recente a ricordarlo è stata la figlia, Gaia Tortora, che ha ammesso di aver vissuto un periodo molto difficile, anche dal punto di vista della salute, dovuto anche alla ‘sindrome dell’abbandono’, causata dalla vicenda di suo padre.

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