Negli anni ’80, la vita e la carriera di Enzo Tortora, storico conduttore Rai, precipitarono in un abisso dal quale sarebbe uscito definitivamente soltanto un anno prima della sua morte. Il suo programma televisivo Portobello era sulla cresta dell’onda quando, falsamente, un manipolo di pentiti lo indicò come legato alla Nuova camorra organizzata e intorno a lui si addensarono le spire della malagiustizia.
Enzo Tortora fu una delle vittime più famose di un errore giudiziario che la nostra cronaca ricordi, arrestato platealmente e mandato alla sbarra come il peggiore dei criminali, condannato prima a 10 anni di reclusione e infine assolto perché finalmente riconosciuto innocente. La sua storia insegna che tutti possono essere bersaglio di un ingiusto processo e tutti, indipendentemente dallo status sociale, possono finire sul banco degli imputati e persino in galera.
Enzo Tortora, le accuse infondate e il processo: “Il più grande esempio di macelleria giudiziaria”
“Il più grande esempio di macelleria giudiziaria all’ingrosso del nostro Paese”. Così Giorgio Bocca sintetizzò la vicenda che coinvolse Enzo Tortora finendo per congelare la sua carriera e la sua vita per anni alle prese con ingiuste accuse, una ingiusta detenzione e un processo sfociato, dopo una lunga odissea, nella sua definitiva assoluzione.
Era il 1983 quando quell’inferno ebbe inizio. Il conduttore di Portobello fu arrestato con l’accusa di associazione camorristica e traffico di stupefacenti. Fu sospettato di appartenere alla Nco di Raffaele Cutolo sulla base di testimonianze che poi si sarebbero rivelate false. Inquietante anche l’errore che contribuì all’impianto ipotizzato a carico di Enzo Tortora: nell’agendina trovata a casa di un camorrista figurava un cognome che fu scambiato per il suo, invece era Tortona. Il conduttore fu eletto eurodeputato nel 1984 e rinunciò all’immunità parlamentare. Dopo 7 mesi di reclusione, nel 1984 tornò in libertà ma il 17 settembre 1985 fu condannato a 10 anni di carcere e finì ai domiciliari. Soltanto un anno più tardi, nel 1986, la sua innocenza fu riconosciuta all’esito del tormentato iter giudiziario che lo aveva travolto, con una sentenza di assoluzione della Corte d’appello di Napoli poi confermata in Cassazione nel 1987. Fu la fine dell’incubo per Enzo Tortora, ma la sua vita era stata completamente distrutta senza uno straccio di riscontro che potesse suffragare le accuse.
Enzo Tortora, il suo “Dove eravamo rimasti?” simbolo della rinascita dopo l’incubo dell’errore giudiziario
Enzo Tortora, duramente provato dal calvario a cui fu sottoposto ingiustamente, tornò in tv il 20 febbraio 1987 al timone del suo Portobello. Resta nella storia il suo discorso d’apertura del programma: “Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche (…). Io sono qui anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti e sono troppi; sarò qui, resterò qui anche per loro… E ora cominciamo come facevamo esattamente una volta“.
Enzo Tortora morì nel 1988 per un tumore ai polmoni, poco dopo la fine della drammatica vicenda che lo vide ingiustamente coinvolto. Aveva soltanto 59 anni.