Gaia Tortora, ospite di Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, ricorda il papà Enzo Tortora. “Era un papà assolutamente normale, e questo credo che fosse anche la forza della sua popolarità e dell’amore che aveva da parte del pubblico. – e ancora – Non faceva distinzione tra l’uomo della strada e il personaggio famoso e politico. Io soffrivo molto ad andare a Milano con lui, perché io venivo dal sole, poi con gli anni ho imparato ad apprezzare tantissimo.”



Impossibile non citare le gravissime accuse e il processo giudiziario a cui suo padre venne sottoposto: “L’incredulità è quella che mi ha tolto il fiato all’inizio, ma anche perché era accompagnata da scene che sono volutamente state trasmesse, parlo di mio padre in manette. Dopo quelle immagini, quelli che erano amici lo sono rimasti, per il resto è cambiata la nostra vita. Lui non è stato più quello di prima”. (Aggiornamento di Anna Montesano)



Enzo Tortora, l’arresto e le accuse contro di lui

40 anni fa, il 17 giugno 1983, il giornalista e conduttore Enzo Tortora fu arrestato precipitando in un incubo che avrebbe segnato per sempre la storia italiana. All’apice del successo, volto amatissimo di una trasmissione iconica della televisione come Portobello, Enzo Tortora precipitò nell’incubo di un clamoroso errore giudiziario, simbolo dell’innocenza violata dalla malagiustizia e dalla mala informazione. Le false accuse contro di lui, la sua vita di gentiluomo sfregiata da una condanna ingiusta prima della definitiva assoluzione, quell’immagine delle manette ai polsi sbattuta in prima pagina a fare da traino al tritacarne di una gogna mediatica sconvolgente intorno al caso e al processo, furono alcuni dei terribili ingredienti di una vicenda che ancora oggi insegna come si possa finire sul banco degli imputati senza aver commesso alcun crimine.



L’inferno di Enzo Tortora sarebbe iniziato all’alba del 1983, quando i “pentiti” Pasquale Barra e Giovanni Pandico, ritenuti uomini di spicco della Nuova Camorra Organizzata (Nco) di Raffaele Cutolo, avrebbero avviato la collaborazione con gli inquirenti e indicato il conduttore di Portobello quale membro dell’organizzazione nel ruolo di corriere per il traffico di stupefacenti. Enzo Tortora fu così tra gli 856 destinatari degli ordini di cattura emessi dalla Procura di Napoli nell’ambito di un’inchiesta volta a smantellare la presunta rete di affiliati alla Nco capeggiata da Cutolo, si disse fin da subito innocente mentre, tutt’intorno, una trama di pentiti e presunti testimoni continuava a rilanciare accuse che, anni più tardi, si sarebbero rivelate infondate.

Enzo Tortora, dall’arresto all’assoluzione con formula piena: il clamoroso errore giudiziario e il processo

Quando il popolare presentatore fu arrestato a Roma era l’alba del 17 giugno 1983. Una vita senza ombre e il suo dichiararsi immediatamente innocente non bastarono ad arginare i sospetti di tanti e a fermare una gogna mediatica senza precedenti. Enzo Tortora trascorse sette mesi in carcere e ottenne poi gli arresti domiciliari. Eletto eurodeputato un anno dopo, tornò in libertà il 20 luglio 1984 e annunciò l’intenzione di chiedere al Parlamento europeo di concedere l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Il sì sarebbe arrivato il 10 dicembre, ricostruisce Ansa, ed Enzo Tortora fu rinviato a giudizio. Il 4 febbraio 1985, a processo davanti ai giudici del Tribunale di Napoli, ribadì la sua innocenza. La sua parola contro quella dei pentiti. Il 17 settembre, la sentenza di primo grado: condanna a 10 anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti.

Un verdetto che fu ribaltato il 15 settembre 1986, quando in appello Enzo Tortora fu asslto con formula piena. La parola dei pentiti ritenuta non credibile. La sua innocenza fu riconosciuta e confermata definitivamente in Cassazione il 13 giugno 1987, all’esito di un processo che avrebbe segnato per sempre il suo cuore e la storia della giustizia italiana. Per Enzo Tortora non ci fu più molto tempo: neppure un anno dopo, il 18 maggio 1988, il conduttore morì per un cancro ai polmoni. Tortora era tornato al timone del suo storico programma televisivo Portobello il 20 febbraio 1987, aprendo il suo ritorno davanti alle telecamere con una frase che sarebbe diventata celebre: “Dunque, dove eravamo rimasti?“. Per quell’errore giudiziario che finì per distruggere la sua esistenza, nessuno avrebbe mai pagato. Un’ingiustizia nell’ingiustizia, come la sua famiglia avrebbe ricordato più volte sottolineando lo spietato cortocircuito di accuse e sospetti di cui Enzo Tortora fu vittima, processato nelle aule dei tribunali e sui giornali prima di essere ascoltato: “Io sono innocente, spero lo siate anche voi“.