Le recenti segnalazioni di una grave epatite acuta di origine sconosciuta in bambini sani hanno provocato allarmi sanitari in diversi Paesi e una corsa alla scoperta della causa. Le ipotesi sono molte, ma non ci sono ancora risposte chiare. All’11 maggio risultavano segnalati circa 450 casi probabili di epatite acuta, di cui 163 nel Regno Unito al 3 maggio. Finora sono morti 11 bambini, mentre 31 hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato. Dall’analisi del British Medical Journal si evince che anche se l’adenovirus da solo è raramente associato all’insufficienza epatica fulminante nei bambini sani, le ipotesi attuali continuano a includerlo.



Ma secondo l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA), ci sono dei fattori che possono incidere, tra i quali la co-infezione con il coronavirus o altri patogeni e l’esposizione a tossine, farmaci o ambiente. Tra le ipotesi anche una sindrome post-infetti da Covid, una nuova variante di adenovirus, cause non infettive (anche se non sono state individuate), un nuovo agente patogeno o una nuova variante Covid.



EPATITE ACUTA BAMBINI, POCHE RISPOSTE CHIARE

I medici stanno prendendo in considerazione come causa dell’epatite acute nei bambini l’infezione Covid. L’ipotesi è che causi una risposta immunopatologica che porterebbe ad un’infezione da adenovirus più grave. Del resto, precedenti indagini su bambini con insufficienza epatica acuta di origine sconosciuta hanno riportato casi di infezioni concomitanti da più virus. Nell’attuale epidemia, i bambini presentavano prove di infezione con una serie di altri comuni agenti patogeni virali respiratori e gastrointestinali.



L’identificazione della causa (o di più cause) è complessa. Ma questa condizione apparentemente rara è grave. Quindi, anche se non si sa cosa sia all’origine della patologia e quali misure di controllo specifiche individuare, bisogna attenersi alle strategie generali. Questo vuol dire tenere conto di tutti i possibili agenti causali. Nel frattempo, procede l’indagine sui focolai secondo un percorso ben tracciato che, se unito alla condivisione delle informazioni e alla collaborazione, secondo il British Medical Journal può contribuire a facilitare la risposta globale.