Matteo Bassetti indica nell’adenovirus F41 il principale probabile responsabile per l’epatite acuta e sconosciuta che sta colpendo in queste ultime settimane molti bambini in giro per l’Europa. Parlando stamane con i microfoni dell’Adnkronos il noto medico genovese ha affermato: “Non abbiamo ancora dato un nome e un cognome a questa epatite di origine sconosciuta, ma credo che l’indiziato più probabile rimanga l’adenovirus F41 o una coinfezione di questo con altro agente. Dopo di che, io credo che non è il caso di preoccuparsi: dobbiamo approfondire, ma evitiamo di creare allarmi”.
Il primario di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, sottolinea, nonostante oggi se ne parli meno di questo misterioso tipo di epatite, “non vuol dire che l’attenzione sia scemata. Secondo me bisogna continuare a fare quello che stiamo facendo: mettere in comunione i nostri dati. Non è un’emergenza, in tutto il mondo 200 casi in 6-7 mesi, un po’ come quelli che si vedevano prima del Covid perché casi di epatite sconosciuta in adulti e bambini ci sono sempre stati. Ci vuole tempo per chiarire alcuni punti”.
EPATITE ACUTA, BASSETTI: “CI VUOLE TEMPO PER IDENTIFICARE UN NUOVO VIRUS”
Bassetti ricorda inoltre come per i virus non sia facile scoprire in tempi brevi le origini: “La scoperta di un nuovo virus non è una cosa immediata – ricorda sempre all’Adnkronos – anche per l’Hiv e l’Aids ci sono voluti 2 anni. L’opinione pubblica è abituata ad avere tutto e subito, ma non è così. Anche per Covid è accaduto questo, ci vuole tempo e studi per accertare di cosa si tratta. In generale, quando si può lavorare senza le luci delle ribalta lo si fa meglio”.
L’Iss, facendo il punto sui casi di epatite acuta emersi fra i bimbi, ha spiegato che, nelle settimane precedenti l’insorgere del problema, quindi nel periodo febbraio-marzo: “Alcuni casi avevano presentato sintomi gastro-intestinali tra cui dolore addominale, diarrea e vomito. La maggior parte dei casi non ha presentato febbre. Alcuni casi hanno usufruito di cure specialistiche in unità epatologiche pediatriche e alcuni di questi hanno ricevuto un trapianto di fegato”.