Contro l’epatite B cronica, che nel mondo affligge 300 milioni di persone ed è tra i primi fattori di rischio per la cirrosi epatica e il tumore al fegato, potrebbe esserci una cura: l’immunoterapia. I ricercatori dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e dell’università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con la start-up americana Asher Biotherapeutics, hanno svolto studi i cui risultati sono stati pubblicati su ‘Science Translational Medicine’. Questi aprono nuove strade per la cura del virus Hbv grazie a una molecola – l’interleuchina-2 – che sarebbe in grado di riattivare il sistema immunitario contro la malattia. Come sottolinea l’Adnkronos, nei pazienti con epatite B cronica, le difese naturali non riescono a debellare il virus responsabile della malattia, che continua a sopravvivere.



Oggi contro l’infezione esiste vaccino preventivo che non può però curare i pazienti che l’hanno già contratta. Lo studio coordinato da Matteo Iannacone, direttore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell’Irccs ospedale San Raffaele, ha svolto ricerche in sinergia con l’unità diretta da Luca Guidotti, vice direttore scientifico del San Raffaele. Già nel 2019 avevano pubblicato su ‘Nature’ un’analisi molecolare realizzata grazie a tecniche di microscopia intravitale. Ne era emerso che i linfociti T non riescono a debellare l’infezione da Hbv e risultano disfunzionali fin dalla loro attivazione.



Epatite B, così l’immunoterapia riesce a indirizzarsi sui linfociti T

I ricercatori del San Raffaele erano riusciti – negli anni passati – a identificare le molecole più adatte ed efficaci a risvegliare le cellule. Una è l’interleuchina-2 (Il-2), molecola-messaggero del sistema immunitario che agisce come una sorta di immunoterapia. Questa, se somministrata in maniera sistemica, produce gravi effetti collaterali, aumentando la permeabilità dei vasi sanguigni: come spiega Adnkronos, la molecola non agisce solo sui linfociti T ma anche sulle cellule Natural killer e sulle cellule regolatorie che inibiscono la risposta immune. Grazie ad un nuovo studio, però, questo potrebbe non essere più un problema. I ricercatori sono riusciti a sperimentare questa molecola che coniugata con un anticorpo specifico, riesce a indirizzarsi solo sui linfociti T, attivandoli in maniera corretta.



“Abbiamo visto, sui modelli murini di malattia che somministrando questo tipo di immunoterapia i linfociti T si espandono di numero e aumentano la loro funzione, ovvero rilasciano citochine in grado di inibire la replicazione virale ed eliminano le cellule infette, abbattendo di fatto il virus” spiega Iannacone. I risultati sono positivi e ne hanno dimostrato l’efficacia terapeutica: “Oltre ad approcci antivirali è possibile pensare finalmente a una strategia di immunoterapia” contro l’epatite B cronica. “Il prossimo passo è quello di testare sull’uomo questo approccio, in combinazione con gli antivirali” conclude lo scienziato.