Tutte le tipologia di epatite sembrano essere in aumento in Italia, con la sola esclusione di quella classificata con la lettera C che sta attraversando un lieve calo rispetto allo scorso anno. A riferirlo è una recente nota emanata dall’Istituto Superiore della Sanità, che espone tutti i dati raccolti nel corso dell’ultimo anno dal sistema di Sorveglianza Seieva (Sistema Epidemiologico Integrato delle Epatiti Virali Acute).
Sia l’epatite A, che la B e la D, nel 2023 hanno fatto registrare un aumento delle segnalazioni pressoché in ogni regione d’Italia, con alcune costanti come nel caso dell’Emilia-Romagna. Partendo dai dati, la A ha fatto registrate nel 2023 267 casi in tutta Italia, seguita dalla B a quota 153, dalla C ferma a 51 e dalla E che si è attestata a 58 contagi. A livello regionale, le incidenze maggiori si sono registrare (in ordine per le varie tipologie di epatite) in Lombardia, seguita da Toscana ed Emilia-Romagna; nuovamente in Emilia-Romagna, Lombardia e Toscana; poi in Lombardia, Lazio e Veneto ed, infine, in Lazio, Lombardia ed Emilia. Piuttosto netta la divisione per età, con le infezioni A, B e C diffuse soprattutto nella fascia d’età tra i 35 e i 54 anni, mentre la E cresce soprattutto tra gli under 35.
ISS: “Serve un monitoraggio più attento dell’epatite D”
In generale, la trasmissione dei vari tipi di epatite sembra essere veicolata da alcune costanti, come i rapporti sessuali non protetti, i trattamenti di bellezza (manicure, piercing e tatuaggi), le cure odontoiatriche, l’esposizione all’interno degli ospedali e il consumo di carne cruda o poco cotta e i viaggi in zone a rischio (prerogative, queste ultime due, delle epatiti A ed E). Per quanto riguarda le infezioni di tipo virale la più diffusa (con 58 casi) è la E, che supera lievemente i casi registrati dell’infezione acuta della C.
Secondo l’ISS, oltre a monitorare l’andamento delle epatiti e dei suoi vettori, è importante controllare in particolare modo “il virus Delta HDC“, associato all’epatite D. Secondo l’Istituto, infatti, “è un virus satellite che può coinfettare o sovrainfettare soggetti colpiti anche da HBV“, con la conseguenza di causare una “più rapida progressione in cirrosi, un aumento significativo del rischio di sviluppare Epatocarcinoma (HCC), scompenso epatico, necessità di trapianto e un aumento della mortalità”. La sorveglianza con i test alla popolazione per l’epatite C “non è certamente sufficiente”, attestandosi sotto al 50% “durante tutto il periodo di osservazione” iniziato nel 1991, con il picco negativo dopo gli anni ’90, quando si è scesi al “sotto il 30%”.