Il Mistero del Natale si compie nella festa dell’Epifania, cioè della manifestazione di Cristo al mondo. Ma io e te dove siamo in questa festa? Perché dovremmo esserne ancora interessati? Parlando della venuta finale di Gesù, sant’Ambrogio, nel suo Commento al vangelo di Luca, centra bene la questione: “A che cosa mi giova che venga il Signore, consapevole come sono di peccati tanto grandi, se egli non viene nella mia anima, se non fa ritorno nella mia mente, se Cristo non vive in me, se Cristo non parla in me? Per me dunque deve venire Cristo, per me deve realizzarsi la sua venuta”.
L’Epifania annuncia la possibilità che una vera Luce sorga per la mia vita, togliendo quella genericità insopportabile che potrebbe far sparire dal nostro orizzonte persino l’interesse per l’incarnazione del Verbo. Se la sua venuta non si realizza per me e per te, nessun discorso, nessun rito, nessun ricordo, nessuna tradizione potranno mai sostituirla. Per questo, immedesimarci nell’esperienza dei Magi, può aiutarci a capire la strada di questa possibilità per me e per te.
“Come la tradizione della Chiesa con tutta naturalezza ha letto il racconto di Natale sullo sfondo di Isaia 1,3 e, in questo modo, sono arrivati al presepe il bue e l’asino, così ha letto il racconto sui Magi alla luce del Salmo 72,10 e di Isaia 60. In questo modo, i sapienti venuti dall’Oriente sono diventati re, e con loro sono entrati nel presepe i cammelli e i dromedari. Se la promessa contenuta in tali testi estende la provenienza di questi uomini fino all’estremo Occidente (Tarsis = Tartessos in Spagna), la tradizione ha ulteriormente sviluppato l’universalità dei regni di quei sovrani annunciata con ciò, interpretandoli come re dei tre continenti allora noti: Africa, Asia, Europa. Il re di colore nero ne fa parte stabilmente: nel regno di Gesù Cristo non c’è distinzione di razze e di provenienze. In Lui e per Lui, l’umanità è unita, senza perdere la ricchezza della varietà. Più tardi sono state correlate con i tre re anche le tre età della vita dell’uomo: la giovinezza, l’età matura e la vecchiaia. Anche questa è un’idea ragionevole, che fa vedere che le diverse forme della vita umana trovano il rispettivo significato e la loro unità interiore nella comunione con Gesù. Resta il pensiero decisivo: i sapienti dell’Oriente sono un inizio, rappresentano l’incamminarsi dell’umanità verso Cristo, inaugurano una processione che percorre l’intera storia. Non rappresentano soltanto le persone che hanno trovato la via fino a Cristo. Rappresentano l’attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo” (J. Ratzinger-Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Rizzoli-LEV, Milano-Città del Vaticano, 2012, pp. 112-113).
La vicenda dei Magi rappresenta il movimento dell’uomo, carico di tutta la sua attesa, verso Gesù. Hanno deciso di fare i conti con questa attesa, con questo senso di insoddisfazione, e si sono mossi seguendo la realtà diventata per loro come un segno: la stella. Si sono mossi per verificare personalmente ciò che avevano intuito.
Quando guardiamo seriamente al nostro bisogno, infatti, tutta la realtà, fino a quel momento muta, inizia a parlarci. Chi ci ha pensato ci ha voluto in un continuo dialogo con tutto, dandoci gli strumenti necessari per scoprirne il significato. Non siamo sempre disposti a muoverci, però, per intraprendere il grande viaggio di questa verifica personale. Talvolta dobbiamo riconoscere, con un certo disagio, che ci incamminiamo, pur sapendolo, su strade che non portano da nessuna parte e che non bastano mai. “È nella interpretazione del segno che è chiamata a giocarsi la nostra libertà, cioè il nostro amore all’Essere. Infatti, perché i Re Magi hanno piantato lì e hanno seguito quella stella? Hanno seguito l’impulso che sentivano dentro vedendo quella stella; perché? Perché erano pieni di amore all’Essere, perché erano pieni di ricerca, perché erano poveri di spirito, perché erano mendicanti, perché sinceramente desideravano, desiderosi cercavano: la parola ‘amore all’Essere’ è questa. Erano pieni di amore all’Essere, che è la caratteristica dei poveri di spirito, perché il povero di spirito è un bambino con gli occhi sgranati che dice di ‘sì’ a tutto quello che gli si pone con evidenza” (don Luigi Giussani).
Ci si muove solo per amore, per amore all’Essere. All’Essere che è Dio, che fa essere ciascuno di noi. Questo ci permette di guardare ai segni in un certo modo, quel modo che scaturisce dal prendere sul serio tutto il nostro bisogno, tutta la nostra attesa, tutto il nostro desiderio. Solo così i segni sono in grado di condurci, fino al momento in cui possono farsi da parte, perché il Tutto si mostri.
L’Epifania sia la scoperta di questa possibile strada, dando un nome a quelle “comete” che non ci ingannano mai. Almeno per questo, la festa che celebriamo oggi, può ancora interessarci. Eccome.
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