Mentre il Congresso Usa si appresta a votare nelle prossime settimane l’Equality Act – il provvedimento che dovrebbe la legislazione contro il razzismo del 1964 (Civil Rights Act) – a prendere netta posizione contraria è la Chiesa cattolica americana, con un duro comunicato che contesta gran parte del progetto di legge del Presidente cattolico Joe Biden. «Scriviamo per condividere il nostro sostegno alle leggi che proteggono la dignità e garantiscono il rispetto per le persone, così come le nostre gravi preoccupazioni per l’Equality Act», sottolineano nella lettera al Congresso americano i 5 vescovi presidenti delle Commissioni della Conferenza dei vescovi Usa (USCCB), ovvero cardinale Timothy M. Dolan (Libertà Religiosa), Joseph F. Naumann (Pro Vita), David A. Konderla (Matrimonio), Michael C. Barber (Educazione cattolica) e Paul S. Coakley (Sviluppo umano).



I vescovi ribadiscono con forza la necessità di tutelare sempre e comunque la dignità umana, ma per un motivo ben diverso dalla “difesa delle minoranze” di genere come spinge l’Equality Act di Nancy Pelosi, Kamala Harris e Joe Biden: «ogni persona è fatta a immagine di Dio e dovrebbe essere trattata di conseguenza, con rispetto e compassione. Questo impegno – spiega la chiesa americana nella lettera ufficialesi riflette nel servizio caritatevole della Chiesa a tutte le persone, senza distinzione di razza, religione o con qualsiasi altra caratteristica».



L’EQUALITY ACT E IL RISCHIO DEL PENSIERO UNICO

L’impegno dei vescovi è perché si possa garantire ad ogni persona un lavoro remunerativo libero da ingiuste discriminazioni, per assicurare i «beni primari di cui si ha bisogno per vivere». Resta però il problema della legge in discussione alla Camera: «L’Equality Act vorrebbe proteggere dalla discriminazione le persone che provano attrazione per lo stesso sesso o per discordanza di identità di genere, ma la norma rappresenta l’imposizione da parte del Congresso di nuovi punti di vista divisivi riguardo al ‘genere’ su individui e organizzazioni. Questo include il non riconoscimento delle differenze sessuali, presentando falsamente il ‘genere’ solo come un costrutto sociale».



I vescovi Usa, citando poi la Laudato Sì di Papa Francesco, ricordano come non sia affatto un atteggiamento sano «pretendere di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa»; non solo, per i prelati un conto è essere comprensivi della debolezza umana e dell’intera complessità della vita, un altro «è accettare ideologie che tentano di separare quelli che sono aspetti inseparabili della realtà». Nella lettera si indicano specificamente i punti per nulla accettati dell’Equality Act: violazioni diritti, discriminazioni con le persone credenti e danni legali-sociali possibili dato che si «punirebbe gli enti religiosi che si occupano di beneficienza come le case di accoglienza e migliaia di persone che ne usufruiscono semplicemente a causa delle convinzioni in materia di matrimonio e sessualità».

Durissimo infine il passaggio della lettera dove i vescovi accusano i legislatori americani di voler imporre l’obbligo del sostegno alle transizioni di genere, oltre a «costringere i contribuenti a pagare gli aborti e gli operatori sanitari obiettori di coscienza a eseguirli, mettendo fine a più vite umane». Conseguenze sullo sport, sugli enti fisici delle Chiese e anche sul luogo di lavoro «Il rischio è anche quello di escludere le persone da avanzamenti di carriera solo per le loro convinzioni su matrimonio e sessualità». La chiosa è un appello ad un’altra visione di difesa della dignità personale, il contrario di una certa estremizzazione del pensiero unico” pro-diritti Lgbt: «il vedere nell’altro l’immagine di Dio spinge ad avere posizioni decise sulla vita, sul matrimonio e sulla sessualità e anche a servire i più vulnerabili e il bene comune. Ci opponiamo – concludono i vescovi Usa – a questa legislazione».