Dopo un lunghissimo iter in Commissione Giustizia, il testo di legge sull’equo compenso per i professionisti arriva ora finalmente in Parlamento: si tratta di un potenziale cambio di passo “rivoluzionario” rispetto a quanto stabilito nel 2012 dal Governo Monti, quando abolì in sostanza le tariffe per i professionisti. Lo schema di legge odierno invece si pone l’intento di riproporre l’era delle tariffe, anche per contrastare le gare dei bandi che negli ultimi anni si sono rincorse al massimo ribasso: come spiega Marina Calderone, Presidente del Comitato Unitario delle Professioni, al Corriere della Sera Economia «Siamo molto soddisfatti dell’accelerazione che il Parlamento ha inteso dare ad un tema così sentito all’interno della comunità degli ordini ma chiediamo di calare maggiormente questo provvedimento nella realtà del nostro Paese con una normativa chiara, inequivocabile e riferita a tutte le aziende».



Prima di addentrarci nelle novità previste dalla proposta di legge, occorre capire di cosa si tratta con “equo compenso”: si applica a tutti i professionisti compresi quelli fuori dagli ordini, in riferimenti ai parametri ministeriali di riferimento. L’equo compenso varrà nei rapporti professionali «aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 c.c. regolati da convenzioni riguardanti lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, di società veicolo di cartolarizzazione, nonché delle loro società controllate, mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno avuto ricavi annui superiori a 10 milioni di euro», riporta il focus del CorSera.



COME FUNZIONERÀ L’EQUO COMPENSO

Come emerge però dall’accordo di massima sul disegno di legge, l’equo compenso al momento taglierebbe fuori buona parte delle Pmi: «Si creerebbe una distorsione non da poco e verrebbero penalizzati i giovani che nella fase di inizio dell’attività professionale si incrociano per lo più con piccole realtà. Alzare cosi tanto la soglia di applicazione non può essere condiviso – attacca la Presidente Calderone -. Per questo abbiamo chiesto che vada esteso a tutte le realtà economiche». I parametri vengono calcolati in merito ai dati di riferimento delle prestazioni professionali ministeriali, aggiornati ogni 2 anni: agli ordini spetterà ancora l’adozione possibile di disposizioni deontologiche utili a sanzionare la violazione, da parte del professionista, «dell’obbligo di convenire e preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione richiesta e determinato in applicazione dei parametri citati». Resta invece facoltà delle imprese di adottare modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli Nazionali degli Ordini: «Siamo soddisfatti di questa modifica che contempla anche un ruolo proattivo dei Consigli nazionali nell’aggiornamento dei parametri di riferimento delle prestazioni che va nella direzione auspicata da tempo». è il commento finale di Calderone. In caso di compenso non equo e non proporzionato, stabilisce l’accordo sulla futura legge, spetterà al giudice accertarne il carattere complessivo, rideterminando il compenso dovuto al professionista e di conseguenza condannando il cliente «al pagamento della differenza tra l’equo compenso così determinato e quanto già versato al professionista».

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