«Stiamo studiando per inviare forze internazionali a proteggere il popolo palestinese»: così il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan in un breve comunicato da Ankara per rilanciare il sostegno del mondo arabo ad Hamas nella guerra totale in corso con Israele ormai da diversi giorni.

Già dopo i primi scontri sulla Spianata delle Moschee il leader turco aveva sentito al telefono in due momenti separati il presidente palestinese Abu Mazen e il capo di Hamas, Ismail Haniyeh: «La Turchia farà tutto ciò che è in suo potere per mobilitare il mondo intero, e soprattutto il mondo islamico, per fermare il terrorismo e l’occupazione di Israele».



TURCHIA E ARABI “PRO HAMAS”

Parole incendiarie puntualizzate poco dopo dallo stesso Erdogan «La Turchia continuerà a sostenere la causa palestinese, a stare al fianco dei fratelli palestinesi e a proteggere la dignità di Gerusalemme». La Turchia accusa direttamente Israele di aver provocato gli scontri nella moschea di Al-Aqsa, nella contesa città santa di Gerusalemme e poi di scatenare una guerra di bombe e raid contro le popolazioni palestinesi della Striscia di Gaza: particolarmente complicata la posizione della Nato, con le sempre più frequenti “bordate” lanciate da Erdogan contro l’alleato strategico degli Stati Uniti e dell’intero Occidente, come lo Stato d’Israele. In giornata è previsto un vertice straordinario del Consiglio di Sicurezza ONU per provare a disporre le prime misure di descalation dell’incendiaria situazione in Medio Oriente; come giustamente nota Carlo Panella nella sua disamina su “Linkiesta”, Hamas e Jihad Islamica ottengono un risultato molteplice con questa guerra aperta «mettono nell’angolo Abu Mazen, disvelano la debolezza della sua leadership, lo obbligano a solidarizzare con la loro escalation, ottengono la solidarietà del turco Erdogan e dei musulmani oltranzisti nel mondo. Spaccano in due il mondo arabo e islamico e contrastano la logica di appeasement con Israele imposta dagli Accordi di Abramo, accettati anche dalla Lega Araba».



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