Cresce ancora la lenta – ma sempre più inarrestabile – escalation in Medio Oriente, con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha minacciato Israele di un suo intervento con l’esercito: l’intervista è stata rilasciata all’emittente televisiva Halk, poi ripresa sia dalla russa Tass, che da numerosi altri media turchi ed israeliani; mentre il modello a cui il presidente turco ha intenzione di ispirarsi è quanto già fatto negli anni scorsi (esattamente nel 2023, ma ci arriveremo) in Azerbaigian e in Libia.



“Come siamo entrati nel Karabakh e in Libia – ha spiegato Erdogan – faremo lo stesso con Israele“, sottolineando che “niente è impossibile” soprattutto dopo che “abbiamo fatto molta strada con la nostra industria della difesa, con le importazioni e le esportazioni. Nessuno può ingannarci e dobbiamo essere molto forti perché così [lo Stato Ebraico] non sarà più in grado di fare il casino che sta facendo in Palestina”.



Insomma, l’idea di Erdogan – che ha più che altro l’aria di essere una promessa – è quella di entrare con il suo esercito in Israele per riportare (almeno sulla carta) la pace e sostenere lo sforzo palestinese; tuttavia il leader turco sembra anche ignorare che qualsiasi intervento da parte di un attore terzo nella regione mediorientale non farà altro che accelerare l’escalation, con esisti per ora del tutto imprevedibili.

Quali sono i rapporti di Erdogan con Israele: dalla guerra alle sanzioni, fino alla mediazione con i palestinesi

Chi si chiedesse a cosa si riferisce Erdogan con le missioni simili a quella che vorrebbe intraprendere in Israele, dovrebbe tornare con la mente al 2023 quando il parlamento turco approvò l’estensione di una missione avviata nel 2020 in Azerbaigian per sostenere (almeno formalmente, con invio di armi e munizioni) lo sforzo bellico contro gli armeni; mentre in Libia le truppe furono effettivamente inviate, sostenendo il governo libico nella guerra civile.



Dall’altra parte – invece – i rapporti tra Israele e Turchia sono stati interrotti completamente dallo stesso Erdogan lo scorso 7 ottobre, decidendo poi di imporre anche sanzioni e restrizioni alle esportazioni di beni turchi verso Tel Aviv; sostenendo (a livello militare) il ripristino dei confini palestinesi del 1967, offrendosi anche come mediatore per interrompere l’attuale fase del lunghissimo conflitto israelo-palestinese.