La crisi afghana, come era prevedibile, non solo è diventata l’ennesimo pretesto per uno scontro ideologico e politico in seno a quell’Occidente che negli ultimi anni aveva voltato lo sguardo a quello che pubblicamente accadeva a Kabul e dintorni, ma ha riacceso nuovamente l’annoso problema dei migranti che saranno i primi a pagare lo scotto dell’emergenza che sta investendo il Paese asiatico. E a condizionare l’agenda geopolitica europea è ancora una volta Recep Tayyip Erdogan, non solo spettatore ma anche attore interessato dei drammatici rivolgimenti che stanno avendo luogo in Afghanistan assieme alla crisi umanitaria innescata dal ritorno dei talebani al potere.
“La Turchia non sarà mai il deposito migranti dell’Unione Europea” ha tuonato da Ankara il Presidente già Primo Ministro, che ha tenuto proprio un discorso alla nazione per parlare di questa e altre questioni. A seguito di una riunione straordinaria con i principali membri del suo gabinetto, il leader dell’AKP, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo, ha voluto rassicurare la popolazione turca che il suo obbiettivo non è quello di tendere una mano alla Commissione UE ma di garantire prima di tutto “stabilità interna e sicurezza dell’Afghanistan”, aggiungendo anche se ove vi fosse la necessità lo stesso Erdogan sarebbe disposto a incontrare i vertici del nuovo governo talebano da poco insediatosi. Da qui ecco nuovamente l’incubo di quel muro per impedire ai propri confini l’esodo di profughi afghani, con tanto di torri di osservazione e plinti di diverse tonnellate: un’opera che dovrebbe essere completata entro la fine dell’anno e che costringerà l’Europa ad affrontare da sola la crisi.
AFGANISTAN, ERDOGAN: “LA TURCHIA NON E’ IL DEPOSITO MIGRANTI DELLA UE”
Intanto sempre dalla Turchia arriva un’altra notizia che racconta bene dell’attivismo politico in queste ore di Erdogan, ben cosciente dell’importanza ‘strategica’ per i suoi interessi di un Paese pur lontano come l’Afghanistan, oltre che del fatto di poter usare i profughi come arma di ricatto verso l’Occidente. Secondo quanto si apprende da diverse fonti giornalistiche, infatti, attraverso un volo che tornava in patria il governo turco ha messo in salvo, in gran segreto almeno 40 tra alti funzionari e ministri del decaduto governo afghano.
Lo stratagemma è stato possibile grazie a un volo della Turkish Airlines per il rimpatrio di connazionali, atterrato lo scorso lunedì a Istanbul con 324 passeggeri a bordo e di cui si è avuta notizia solamente oggi, ad alcuni giorni di distanza, e dopo che gli esponenti del corpo diplomatico afghano e alcuni deputati erano oramai in salvo. Con loro pare abbia viaggiato pure, oltre al numero uno degli 007 dell’Afghanistan Ahmad Zia Sraj (capo della Direzione Nazionale di Sicurezza, appunto), anche il secondo vicepresidente Sarwar Danish, il ministro degli Esteri, Mohammad Hanif Atmar. Inoltre, secondo delle ricostruzioni accreditate, gli stessi militari turchi avrebbero presieduto alle operazioni di imbarco, impedendo a diverse persone di salire su quel volo per orchestrare al meglio quello che era un piano di evacuazione ideato giorni prima che il blitz dei talebani a Kabul fosse compiuto.