Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, non nasconde le sue perplessità rispetto al pronunciamento della Consulta sull’ergastolo ostativo. Intervistato da ildubbio.it, il giurista spiega: “Guardi, mi trovo in una duplice difficoltà, di fronte alla scelta compiuta dalla Corte costituzionale. Da una parte la Corte dichiara l’incostituzionalità della norma che, per gli ergastolani ostativi, consente la liberazione condizionale solo se collaborano, ma lo dichiara senza perfezionare la decisione perché ritiene che il Parlamento debba predisporre una legge ordinaria in modo da non compromettere contrasto alla mafia e premialità per chi si pente. E già qui si tratta di una pronuncia senza precedenti, solo in parte assimilabile alla decisione sul fine vita. Dall’altra parte, è veramente problematico commentare non un’ordinanza ma un comunicato stampa. Che per forza di cose deve essere sintetico. E che dunque non può soddisfare tutti gli interrogativi né eliminare alcune perplessità“.



Flick spiega: “Nelle poche parole che inevitabilmente la Corte poteva affidare a un comunicato, si ricorda come detto la necessità di non compromettere gli effetti premiali della collaborazione. Il che è giustissimo. Si inserisce esattamente nel discorso già proposto dalla Corte stessa secondo cui è necessario premiare chi collabora, ma non è possibile punire chi non collabora. Ripeto, oltre a tutte le conseguenze problematiche che possono derivare da un regime di sospensione, da una pronuncia che congela gli effetti di quanto afferma, c’è quell’interrogativo molto pratico: cosa avviene se il Parlamento non agisce, o se ribadisce la propria contrarietà all’abolizione o alla modifica dell’ergastolo?“.



FLICK: “SU ERGASTOLO OSTATIVO CONSULTA OLTRE I LIMITI”

Secondo Giovanni Maria Flick, con la sua decisione sulla legittimità dell’ergastolo ostativo, la Consulta si è spinta oltre anche rispetto a quanto accadde con il fine vita, ma ci sono delle differenze: “È solo in parte assimilabile alla scelta con cui nell’ottobre 2018 la Corte concesse un anno di tempo al Parlamento per disciplinare il fine vita. Scelta che, vista l’inerzia legislativa, fu seguita dalla declaratoria di parziale illegittimità arrivata esattamente un anno dopo. C’è l’analogia del termine imposto al legislatore ma, come chiarì definitivamente la sentenza del 2019, in quel caso la pur complessa opzione era legata alla necessità di dichiarare non punibile l’aiuto al suicidio in determinati casi senza negare, nello stesso tempo, la tutela di soggetti più deboli in generale. Allora si disse che la Corte si era spinta un po’ oltre i propri confini. Nella decisione appena sintetizzata dal comunicato, sembra si vada ancora un po’ più oltre. Soprattutto perché viene indicato un necessario intervento per legge ordinaria, un precauzionale argine normativo a possibili ricadute sulla lotta alla mafia e sulle collaborazioni. Sembra si vada al di là del perimetro che la Costituzione alla Consulta“.



A domanda, se questo intervento possa complicare le cose ulteriormente, Flick replica: “Può complicarle nella misura in cui non sappiamo cosa accade se il Parlamento, come avvenne per il fine vita, resta inerte. Dato che la Corte ritiene necessario preservare sia ogni forma di contrasto della criminalità sia l’efficacia dei meccanismi premiali per chi collabora, quale sarà la strada percorribile se il Parlamento non dovesse piantare quei paletti?“.